Il regista haitiano Raoul Peck, di cultura profonda e internazionale, già ministro nel suo Paese, ha presentato alla Berlinale 2017 due film di grande di impegno politico: nella sezione Panorama il documentario I am not your negro, sulle condizioni di vita degli Afroamericani; nella sezione Berlinale Special fuori concorso questa fiction sul giovane Marx, che ha diviso il pubblico senza mezzi termini tra detrattori e ammiratori. Io l’ho ammirato e amato vorrei riuscire a farlo amare almeno allo stesso modo.

C’è energia e entusiasmo, cultura e rigore, storia e politica in questa pellicola: è appassionante vedere la profondità di pensiero e il coraggio del filosofo tedesco, uomo affascinante e personaggio che ha cambiato il corso della storia e che pure, quando iniziarono i fatti descritti nel film, era solo un ragazzo di 24 anni.

Come lui avvenente, generoso e spregiudicato (ma di estrazione sociale decisamente più agiata) era pure il compatriota Friedrich Engels, addirittura di due anni più giovane. Dapprima guardatisi con sospetto, rapidamente diventano una coppia formidabile di rivoluzionari.

Si è nel 1842 e la prima scena si apre mostrando come in quell’epoca la violenza dei governi si abbattesse senza giustizia e men che meno pietà sulle teste di masse di diseredati: anche la raccolta dei rami caduti era considerata punibile perfino con la morte, anche se non poteva essere considerata un furto.

Marx, giornalista della riformista Rheinische Zeitung, si indigna e lo scrive: viene arrestato ma non molla. Si trasferisce a Parigi insieme alla moglie Jenny von Westphalen, una vera rivoluzionaria ante litteram: di famiglia aristocratica, ammira e crede talmente nel giovane Karl, piccolo borghese figlio di un ebreo convertito, da sposarlo infrangendo tutti i tabù della sua classe. Nella capitale francese vi è l’incontro con Friederich Engels.

Da lì in poi il film segue il lavoro instancabile e ininterrotto dei due, con il coraggio e la determinazione della convinzione in un ideale, che pure era già in gran parte formato grazie a pensatori come Proudhon e Bakunin ma che solo grazie ai due si poté trasformare in azione: un passaggio che si riassume nell’eloquente aforisma contenuto nell’undicesima Tesi su Feuerbach di Marx (e anche scolpito sulla sua tomba): “I filosofi hanno finora solo interpretato diversamente il mondo; ma ora si tratta di trasformarlo.”

Parallelamente all’instancabile attività di pensiero e di azione che li rese noti già in quegli anni iniziali (esemplificato in alcuni aspetti come il superamento del pensiero di Hegel e lo studio degli economisti inglesi) è mostrato l’aspetto umano e quotidiano dei due, raccontato in modo incalzante ma non confuso, profondo ma non pedante.

Timori, debolezze e vizi di Marx, continuamente angustiato dalla povertà quasi totale e lacerato dalla preoccupazione di non riuscire a mantenere la famiglia, ma sempre incoraggiato e sostenuto, oltre che da Engels, dalla straordinariamente intelligente Jenny, che gli diede (nel film) due figlie (nella corso di tutta la sua vita Marx ebbe in realtà sei figli di cui uno illegittimo, avuto “dalla cara Lenchen”, ossia Helene Demuth, cameriera di Jenny); gli scontri di Engels con il padre, ricco e severo industriale, ma anche il suo timore e l’imbarazzo di dover dipendere economicamente da quel padre- padrone, il suo amore per una operaia e le sue frequentazioni dei bassifondi di Manchester e Londra.

Il film finisce a Londra, nel 1847, con il travolgente trionfo delle posizioni di Marx e Engles al congresso della Lega dei giusti che si trasforma in Lega comunista con il nuovo motto che da “Tutti gli uomini sono fratelli” diventa “Proletari di tutti i paesi, unitevi”.

Le scene di coda, che sulle note di Bob Dylan mostrano altri momenti e personaggi storici come il Che, il Muro di Berlino, Nelson Mandela, il movimento Occupy, sono state da critici occhiuti e pedanti giudicate retoriche e superflue. E invece a me paiono la giusta, direi necessaria e doverosa chiusura del film: sono le rivoluzioni che hanno cambiato il mondo di oggi ma che non sarebbero mai potute esistere senza la rivoluzione di quei due giovani, coraggiosi, tenaci e geniali Karl Marx e Friedrich Engels.