Un film delicato e sensibile, rigoroso e attento, che rielabora un episodio realmente accaduto in Italia negli anni Settanta.
“Non sono un mago… sono un bambino” afferma Pietro, che vive in un paesino dell’Appennino tra Emilia e Toscana con un fratellino, un piccolo, irresistibile monello; la nonna; un padre burbero e angosciato dai debiti e il ricordo della madre morta che continuamente visita al vicino cimitero. Il bambino, similmente al più noto Uri Geller, sembrava avere poteri paranormali, con un particolare sensibilità per i metalli, che riusciva inspiegabilmente a piegare.

Le capacità del bambino attirano l’interesse scientifico di uno studioso di fisica dell’Università di Bologna, il Prof. Moretti, che nella fiction è un italo – americano mentre il personaggio si ispira al Prof. Ferdinando Bersani, oggi ottantenne, che all’epoca aveva studiato tali aventi. Il Prof. Moretti si avvicina al bambino e con garbo lo sottopone a varie prove, sempre con esito positivo, tanto che a poco a poco si convince che Pietro sia davvero in grado di fare cose straordinarie. Davanti ai timori del piccolo, è rassicurante e gentile, e cerca di offrirgli un punto di vista obbiettivo e sereno, mai falso. “Il mondo è pieno di forze invisibili – gli spiega -. Ma le persone hanno smesso di crederci”.

Nel contempo viene reso noto che negli Stati Uniti è stato indetto un premio di ben 20 mila dollari per chi possa dimostrare scientificamente di avere capacità ultra normali. Una speranza per Pietro, angosciato per la crescente violenza del padre, oppresso dai debiti e da un creditore malvagio. Ma anche il padre ora vede nel prodigioso figlio una specie di miniera d’oro e gli si mostra gentile e premuroso. E proprio l’angoscia pare essere un motivo che amplifica i “poteri” di Petro.

Il giorno fatidico della prova arriva. Ma Pietro, appunto, è solo un bambino.
Eppure: improvvisamente il vecchio usuraio muore e Pietro confessa a Moretti qualcosa che lui solo sa.

Una bella storia, che insegna che i bambini vanno rispettati per quello che sono e non vanno mai sfruttati, che la scienza non può spiegare tutto ma che non tutto necessariamente deve essere spiegato. È anche una magnifica e struggente ricostruzione dell’ambiente appenninico e degli anni Settanta, con bambini che .- come chi è stato bambino allora non può aver dimenticato – durante le lunghe vacanze estive vivevano liberi di giocare con poco o nulla e di annoiarsi anche un po’, con una bici o le palline clic clac o magari davanti alla TV con Sandokan o Rischiatutto. I piccoli protagonisti sono di una bravura spontanea e felice e questa opera prima di Antonio Bigini, classe 1980, nato in Veneto ma attivo da anni a Bologna, è presentata alla Berlinale 2023 nella sezione Generation Kplus, dedicata ai film attenti ai più giovani.
Con Martino Zaccara (Pietro); Edoardo Marcucci (il fratellino Simone) e David Pasquesi (Prof. Moretti).