Presentato all’interno della prima tranche della selezione corti di Orizzonti, Liang ye bu neng liu – più semplicemente The Night per il pubblico internazionale – è il prezioso divertissement pre-pandemico a firma di Tsai Ming-liang, che in poco meno di venti minuti riesce a condensarne la poetica e l’approccio al profilmico, caricandosi al contempo di un inevitabile senso di nostalgia e rimpianto per lo spettatore, che va così ad assommarsi a quello già profuso nelle immagini dallo stesso maestro taiwanese.

Liang ye bu neng liu (The Night)

Composto esclusivamente da una serie di long take del quartiere di Causeway Bay a Hong Kong, situato sull’estremità settentrionale dell’isola, il cortometraggio propone un’immagine inedita e soffusa di quello che viene spesso celebrato come il cuore modaiolo della regione amministrativa speciale, dove si concentrano i maggiori centri commerciali e negozi di lusso. Profondo conoscitore della scena musicale e divistica hongkonghese, ai cui cinema e discografia deve la fase embrionale della propria formazione autoriale – nonché la porzione più popolare del suo immaginario –, fu proprio in occasione di un simposio sulla musica di Hong Kong organizzato a fine 2019 che Tsai ebbe occasione di fare ritorno alla sua patria d’elezione, dedicandosi ai sopralluoghi e alle riprese durante le pause serali dalle live session dedicate ai grandi cantanti del passato.

Per chi due anni fa ha avuto modo di partecipare all’evento speciale Improvisations on the Memory of Cinema all’Arsenale, non sarà difficile riconoscere nel cortometraggio il tentativo di isolare gli ambienti filmati dalla frenesia urbana, allo scopo di restituirgli la dimensione atemporale che permeava i film di cassetta che il regista, ancora bambino, si dilettava a guardare almeno due volte al giorno in compagnia dei nonni, senza mai stancarsi di cogliere i diversi dettagli a ogni visione. Lo stesso titolo originale a sua volta altro non è che il titolo di una vecchia canzone locale degli anni Quaranta – colonna sonora di un non meglio precisato film dell’infanzia – nella quale l’artista si duole per la transitorietà della notte meravigliosa, alla cui durata corrisponde il ridotto tempo concesso agli amanti, di cui sono corrispettivi Tsai e la sua agonata città delle stelle – del cinema, s’intende.

Liang ye bu neng liu (The Night)

Riprendendo – crediamo involontariamente – alcuni luoghi-simbolo già prescelti della documentarista Nicole Vögele, che nel corso della sua incursione nello slow cinema con Closing Time (2018) aveva cercato di condurre un’operazione introspettiva non dissimile – benché nella diversa cornice di Taipei –, Liang ye bu neng liu rappresenta un piccolo quanto prezioso tassello per capire il rapporto di Tsai con il classico, nonché la sua particolarissima definizione di “classico”: per quanto il tempo e le apparenze possano cambiare, Hong Kong nasconde in sé una magia intrinseca che non necessita di artifici narrativi per essere colta, quanto di un interlocutore attento che abbia imparato a conoscerla attraverso le sue rappresentazioni filmiche e mediatiche dell’età dell’oro, il cui tessuto è sorprendentemente vivo e pulsante, alla pari della realtà fenomenica che il regista si limita a registrare da dietro l’obiettivo.

Ironia della sorte, anche chi non dovesse avere le medesime coordinate culturali di Tsai si scopre a condividere la sua nostalgia per la Perla d’Oriente: il cortometraggio è stato girato poco prima che lo spettro del virus si abbattesse sulle nostre vite, provvedendo uno spaccato di quotidianità che oggi appare surreale non solo all’estimatore della Causeway Bay impressa su celluloide, ma anche allo spettatore comune, il cui modo di visione si è trovato in questi anni a fare i conti con una fruizione patentemente in antitesi rispetto alla realtà circostante. Liang ye bu neng liu voleva forse essere un’evasione dal presente verso un glorioso passato fatto di sogni sul grande schermo, eppure ci riporta alla realtà. Anche questo un valore aggiunto, a conti fatti.