Mentre la primavera atmosferica latita, lasciando qualche strascico del freddo invernale, Venezia anticipa la bella stagione inondando i muri di una vezzosa fanciulla. E’ in una serie di manifesti che sembrano elevare il non troppo noto Bartolomeo Veneto all’altezza di un Botticelli. La fanciulla vuole invitare alla mostra Lino Selvatico. Una Seconda Belle Epoque ospitata alla Galleria Internazionale D’Arte Moderna di Ca’ Pesaro ove resterà fino al 31 luglio 2016. Questa immagine emerge fra una schiera di gentiluomini che sembrano volere monopolizzare la mostra lasciando poco spazio alla figura femminile di solito la preferita nella ritrattistica.
Attivo nell’epoca che precede lo scoppio della Prima guerra mondiale non sembra avvertire, a differenza di altri artisti suoi contemporanei, della Secessione viennese, i presagi della grande catastrofe imminente. Il suo sguardo continua ad essere rivolto al passato, a quell’epoca che pensava potesse prolungarsi nel tempo.
Lino Selvatico ha una vita serena, una moglie che ama e che ritrae in numerosi ritratti, a cui sembra rinnovare le dichiarazioni di amore con il suo abile pennello. E’ felice di vivere a Venezia che arricchisce culturalmente contribuendo alla nascita della Biennale d’Arte e, civilmente, amministrandola per cinque anni in qualità di sindaco.
Non è inquadrabile in nessuno dei movimenti artistici dominanti anche se, forse, involontariamente, ne subisce le suggestioni e le novità. Non ha nulla dell’artista “maudit” in quanto i suoi quadri si vendono bene e abbelliscono molte dimore patrizie ed è ripetutamente invitato ad esporre alle Biennali.
Realizza quadri di grande formato e pur restando fedele alla figura si rende conto che deve farne emergere la psicologia per lasciare intravedere parte di quell’inconscio portato alla luce da Freud. Enfatizza la forma dell’occhio, lo vede veramente come uno specchio dell’anima. La mostra si articola in varie sezione divise per tema: la famiglia, ove ovviamente dominano i ritratti, la donna e l’eterno femminino.
La sezione modella studia il nudo attraverso bei corpi femminili compreso quello della moglie, forme piene ma non straripanti, eleganti e flessuosi lontani dalle morbide rotondità di Renoir e dalle membra scheletriche di Schiele, un po’ suffragetta, un po’ romantica anticipatrice della donna libera ed emancipata che voterà per la prima volta solo nel referendum fra Repubblica e Monarchia del 1946. Un altro ripescaggio felice di chi, spulciando depositi e cronache del passato, riporta alla luce un degno figlio.
Ha collaborato Farida Monduzzi