Erede della tradizione del “terzo cinema”, dopo Machine Gun or Typewriter? (2015) Travis Wilkerson torna a Locarno con Did You Wonder Who Fired the Gun?, opera dal taglio politico che trascende i confini del cinema documentario conducendo un’inchiesta del tutto privata sul passato – e purtroppo presente – razzista di quella parte d’America di cui spesso si preferisce ignorare l’esistenza.
Alabama, 1946. S.E. Branch, bisnonno del regista, uccide con due colpi di arma da fuoco l’afroamericano Bill Spann, a sua detta per difendere una donna. A distanza di settant’anni nessuno ha ancora fatto chiarezza. Accompagnati dalla voce e dalle riprese di Wilkinson, siamo trascinati nel ventre oscuro della sua terra natia alla ricerca di una pista. Ma il silenzio e l’ostilità della gente rendono la ricerca più ardua e pericolosa del previsto.

Il film si apre con alcuni estratti dall’adattamento cinematografico datato 1960 del celebre romanzo di Harper Lee Il buio oltre la siepe, in cui l’integerrimo Atticus Finch è interpretato dal divo Gregory Peck: anche questo un caso d’odio razziale perfettamente verisimile, ma a non quadrare è il protagonista. Finch non s’infuria, non vacilla, non lascia che i desideri prevarichino gli ideali: in altre parole, non è umano. Al contrario, il “personaggio” della storia di Wilkinson – che è tutta vera – lo è fin troppo: Branch era un alcolista, un violento, un razzista convinto, ma non esistono documenti che provino che quell’uomo arrogante ripreso per qualche istante nei filmini di famiglia che ci vengono propinati sia un assassino. Da qui parte l’indagine dell’autore, che senza campanilismi – e anzi con una dura presa di posizione nei confronti dei suoi parenti e del suo Stato d’origine – illustra il materiale raccolto in quattro anni di ricerche, innalzando il pubblico a giuria di quest’omicidio mai approdato in tribunale.

Con tono graffiante e un marcato accento meridionale, Wilkinson parla al passato ma non rinuncia alla suspense – e anche a una certa retorica – nel raccontare le tappe del suo viaggio, ognuna chiusa da una sequenza musicale in cui il black screen si fa bianco e in sovrimpressione appaiono i nomi di altre vittime dimenticate, che il cantante invita a ripetere a gran voce. Il modo in cui il regista armonizza immagini e filmati di repertorio – come quelli sulla Lega Suprematista Bianca – , interviste e sequenze dall’auto, combinato alla straordinaria prova di recitazione vocale e al ricorso a espedienti quali il filtro rosso, il bianco e nero e il negativo, fanno di Did You Wonder Who Fired the Gun? non un manifesto meramente ideologico ma anche di estetica, che gioca pericolosamente con la realtà dei fatti romanzandola quel poco che basta per tenere viva l’attenzione dello spettatore.

A far da commento alle terrificanti scoperte, che potrebbero essere state estrapolate da un episodio di True Detective non si trattasse di fatti realmente accaduti, vi è una colonna sonora che spazia dal country al folk come per il brano William Moore di Phil Ocs – cui si deve il titolo del lungometraggio – fino ai grandi del soul, come Billie Holiday e il suo Strange Fruit.
Per quanto eccessivamente provocatorio e talvolta autoreferenziale nel compiacimento tradito da Wilkinson nel prestare la propria tragedia familiare alla narrazione, Did You Wonder Who Fired the Gun? affronta la questione razziale in maniera cruda e antispettacolare, in controtendenza rispetto a certo cinema americano che pretende di parlare di diritti civili senza problematizzare. Un documentario – definizione che gli sta stretta – che indigna e affascina, oltre che visivamente innovativo.