A presentare il secondo documentario della sezione Semaine de la critique  di questo 70° Locarno Festival è uno dei due registi svizzeri in lizza per il premio: si tratta del documentarista Samuel Chalard con i l suo film-inchiesta Favela Olimpica.

La pellicola, girata in Brasile tra il 2014 e il 2016, segue le complicate questioni riguardo all’urbanistica e alla viabilità che hanno travolto la città di Rio de Janeiro in vista delle Olimpiadi del 2016, in particolare la storia di un quartiere povero, Vila Autódromo, favela abitata da una comunità molto unita con l’unica colpa di trovarsi esattamente dove la municipalità di Rio ha deciso di far passare la strada principale  per il nuovo stadio olimpico.

Il documentario, alternando interviste, grafiche con dati e articoli di giornali e footage di videoamatoriali di alcuni scontri tra manifestanti e polizia, segue lo svolgimento della complessa vicenda in tutti i suoi dettagli, dando spazio sia agli abitanti del quartiere, determinati a non lasciare le case che hanno costruito in cambio dei moduli abitativi offerti dalla città, che i rappresentanti stessi della città di Rio, uno fra tutti il sindaco Eduaordo Paes. A rendere il documentario decisamente riuscito è lo stile asciutto, semplice e diretto di Chalard, che decide non tanto (o forse srebbe meglio dire non solo) di difendere la causa degli sfortunati abitanti di Vila Autódromo, ma più semplicemente di raccontare un fatto di cronaca nel più chiaro dei modi, raccontando ogni dettaglio e lasciando comunque il diritto di replica ai rappresentanti delle autorità territoriali coinvolti.

Sebbene l’approccio sia prettamente giornalistico, l’autore dimostra di saper usare tutti gli aspetti dell’audiovisivo per veicolare nel modo più diretto possibile il suo messaggio, come le pratiche e semplici grafiche che appaiono di tanto in tanto sui muri del quartiere con la mappa in continuo mutamento di un plesso abitativo che, mese dopo mese, viene gradualmente smantellato. Negare che lo scopo di Chalard sia quello di perorare la causa degli sfrattati di Vila Autódromo, anche se nel rispetto della par condicio, sarebbe sbagliato: ne sono un chiaro esempio i ritratti di attivisti e manifestanti a cui è impossibile non affezionarsi, come la collaboratrice domestica Penha, ferita dalla polizia durante una manifestazione pacifica, o come l’ultimo abitante del quartiere originale, l’unico a vivere ancora nella sua prima casa, intento a manifestare pacificamente ad oltranza tra scritte sui muri e picchetti.

L’indagine giornalistica si fa più approfondita quando, con l’aiuto di un giornalista di BBC Brazil, l’autore indaga anche i sospetti di speculazione edilizia che da anni aleggiano attorno all’area, destinata ad ospitare almeno in parte l’ambizioso progetto di un quartiere residenziale di lusso finanziato da un noto costruttore locale.
Sebbene la forma scarna e semplice oltremodo possa far storcere un po’ il naso a chi da spettatore è abituato a documentari più estetici, a volte al limiti della videoarte, Favela Olimpica si prefigge un obiettivo che riesce pienamente a portare a termine, ovvero raccontare una storia ignota a molti nel più completo e semplice dei modi.