Primo film presentato in concorso ufficiale nella quarta giornata dellla 70esima edizione del Locarno Festival, Gemini é un noir classico, quinto lungometraggio del regista statunitense Aaron Katz.

Nello scenario delle case produttrici lonsageline, una nota starlet viene ritrovata morta dalla sua affezionata assistente Jiss, che scioccata avvierà la consueta indagine personale per svelare il mistero, destreggiandosi tra un poliziotto insistente, un paparazzo pronto a tutto e un ex fidanzato geloso.

La prima cosa che salta agli occhi è la vicinanza al modello classico da parte di Katz, sia a livello di scrittura che di tecnica, andando a creare un noir da esempio per il rigore con cui mette in scena i topoi del genere. Ma se non fallisce nell’attenersi all’impostazione prescelta cade altrettanto nella realizzazione, limitandosi quindi a ricreare l’involucro di un archetipo nero senza dare vita a un vero e proprio film. O meglio, lo storytelling non s’appoggia sui punti fondamentali del film ma piuttosto sembra toccarli per necessità, dando l’idea sin dall’inizio del film di un’opera macchinosa ed estremamente confusionaria nonostante l’apparente linearità. Tutti gli sviluppi immaginabili a partire dalla sinossi sono inseriti incastrati, per non dire affastellati, l’uno sull’altro ottenendo non solo di perdere la narrazione progressiva, ma anche la frammentazione della struttura filmica già nota e dunque fragile di per sé.

Da un lato spariscono le caratterizzazioni dei personaggi, uniti solo dal sottile fil rouge dell’indagine di Jiss e presenti solo a sprazzi, contendendosi la parte di sospettato a turno, ma dall’altro il puro svelamento del plot si perde nei meandri di capovolgimenti di fronte non esattamente coerenti e esenti da ogni compattezza; in concreto, tante sono le ingenuità di scrittura, e non é da meno la gestione dei momenti filmici: Katz sfodera la tematica del doppio (sacra nel genere) solo alla fine e in modo tutto fuorché esauriente, esita sulle battute conclusive ammantando il finale di un’ambiguità fuori luogo e manca in maniera clamorosa la climax, non solo nell’ultimo atto questa volta, ma in vari momenti del film, come la tensione che crolla in altri due luoghi estremamente stereotipati come la fuga e il pedinamento.

Sostanzialmente Gemini fornisce già la soluzione dell’enigma propugnato nel titolo ma poi abbandona la stessa strada svicolando in un’apparecchiatura risolutiva che richiama la televisione, come se il film stesso provasse ad andare avanti a tentativi. Perde la sua strada perchè ne propone una mezza dozzina richiamando l’attenzione del pubblico quasi mosso dalla forza della disperazione di raggiungere i canonoci 90-95 minuti, per fortuna senza andare oltre. Concludendo, al netto delle mancanze grossolante, che pesano maggiormente proprio perché la soluzione finale é in discesa perpendicolare pur senza voler essere fredda, Gemini non funziona come noir perché è un esoscheletro narrativo e non un’opera cinematografica, un rigurgito di essa, al massimo, come dei flebili gemiti di sofferenza emessi da un anziano e morente noir, che Katz fallisce nel revitalizzare.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci qui il tuo commento!
Inserisci qui il tuo nome