Unico lungometraggio svizzero presentato nella sezione del concorso internazionale del 70° Locarno Festival, Goliath è un film drammatico del filmmaker elvetico Dominik Locher. Dramma familiare incisivo e ben confezionato, Goliath analizza in modo originale un tema non semplice come quello della paternità, visto attraverso gli occhi di un insicuro futuro padre.

David e Jessy hanno poco più di vent’anni quando vengono a sapere della gravidanza della ragazza. L’affiatatissima coppia, dopo un momento di incertezza, decide di tenere il bambino, ma una serie di dubbi assaliranno il giovane futuro papà quando, dopo una rissa in treno tra Jenny e uno sconosciuto, si convincerà di non essere capace di difendere quella che da lì a pochi mesi sarà la madre di sua figlia. David decide così di lavorare principalmente (se non esclusivamente) sulla sua forza fisica, cominciando una fitta serie di allenamenti e iniziando ad assumere steroidi, seguendo i consigli del muscolosissimo collega Ludo. Questa trasformazione si rivelerà presto essere la strada peggiore per crescere come uomo e come padre, trascinando il ragazzo in una spirale discendente di incomprensioni con la compagna che si concluderanno in un drammatico finale.

l’idea di ambientare un film che parla di paura di crescere e insicurezze in una palestra (almeno per gran parte delle scene) è tanto audace quanto brillante. Quello che Locher vuole far capire allo spettatore è che diventare uomini è difficile, diventare padri lo è ancora di più, e spesso a rendere questi passaggi ancora più duri è proprio la paura di non essere pronti, che ci porta a cercare di prepararci nel peggiore dei modi. La maestria di Locher sta nel raccontare la storia non solo dal punto di vista di un Davide che cerca invano di diventare Golia ma soprattutto da quello della coppia, seguendo la storia del rapporto tra i due ragazzi e ritraendone al meglio i cambiamenti. La tenerezza che lega i protagonisti all’inizio del film per esempio, tra scene di sesso allo stesso tempo dolci e sensuali e dialoghi colmi di affetto, è resa nel migliore dei modi al pari delle fasi successive della relazione, seriamente minacciate dall’ossessione per il fisico di lui e da una pericolosissima tendenza a bere di lei.

Molto conta anche la fisicità dei due attori, che assume un ruolo fondamentale nella narrazione: prima entrambi bellissimi, esili e fragili dentro come fuori, in perfetto equilibrio tra loro fino alla trasformazione di David (che per forza di cose è anche la trasformazione dell’attore che lo interpreta, Sven Schelker, che ha dovuto lavorare notevolmente sul suo corpo per il ruolo) che stravolge tanto la loro ideale proporzione fisica quanto il loro concreto rapporto affettivo e personale. L’idillio delle prime scene infatti viene a sfaldarsi giorno dopo giorno, e tutto quello che prima era perfetto e in equilibrio è ora semplicemente compromesso, dal sesso (reso quasi impossibile dall’abuso di anabolizzanti) alla convivenza, dai progetti per il futuro alla vita lavorativa e personale dei protagonisti.

Interessante anche la sottolineatura che l’autore vuole dare al mutamento del carattere di David, sempre più violento e impulsivo man mano che ci si avvicina alla fine del film, a ricordare che quello del doping e degli anabolizzanti è solo un espediente narrativo per parlare dell’insicurezza che può assalire ognuno di noi nei momenti di passaggio più difficile e non una semplice critica a questa pratica. In conclusione, Goliath è un film valido che racconta una storia in cui tutti coloro che si trovano ad affrontare momenti decisivi della propria vita (e non solo i genitori e futuri tali) si possono immedesimare.