Dopo un mese dall’uscita nelle sale statunitensi, è arrivata anche al Locarno Festival la commedia romantica The Big Sick, prodotta da Judd Apatow per la regia di Michael Showalter. Come molti dei progetti più recenti di Apatow, The Big Sick è il racconto semi-autobiografico della vita di un comico più o meno emergente: questa volta è il turno dello stand-up comedian di origini pakistane Kumail Nanjiani, che assieme alla moglie, la sceneggiatrice Emily V. Gordon, ha curato la sceneggiatura del film raccontando una fase complicata della loro ormai decennale relazione (la coppia ha festeggiato 10 anni esatti di matrimonio il giorno della prémiere del film).
Kumail è un aspirante comico che, quando non si esibisce quasi gratis sul palco di un comedy club, arrotonda facendo l’autista per Uber nella sua Chicago. Tormentato da una famiglia che lo vorrebbe sposare con un matrimonio indiano, secondo la tradizione pakistana, Kumail conosce invece Emily, una giovane psicoterapeuta con cui inizia una relazione all’oscuro però della famiglia. Quando, pochi giorni dopo una lite fra i due, Emily cadrà in coma per una misteriosa malattia, Kumail si troverà ad affrontare la complicata situazione con gli instabili genitori di lei, Beth (Holly Hunter) e Terry (un redivivo Ray Romano, reduce da anni di doppiaggio e poco altro).
I fattori che hanno contribuito a rendere The Big Sick qualcosa in più rispetto alla solita rom-com sono principalmente due: la presenza costante e tangibile di veri comici sia in fase di sceneggiatura che davanti alla macchina da presa e una forte componente autobiografica che conferisce una certa originalità ed autenticità al copione. La formula che Apatow sembra aver adottato da qualche anno, ovvero mettere in scena la biografia del comico del momento raccontata attraverso il suo stile personale (dal film Un Disastro di Ragazza con Amy Schumer alla serie tv Crashing con Pete Holmes) si è rilevata ancora una volta efficace, differenziandosi comunque dagli esempi appena citati anche per un elemento drammatico, appunto il tema della malattia, che rimanda invece a un altro film di Apatow, il meno recente ma celebratissimo Funny People. Gli altri temi trattati sono quelli da sempre cari a Nanjiani e che più spesso il comico ha trattato da monologhista, dalla vita da immigrato negli stati uniti al rapporto con una famiglia estremamente tradizionalista, argomenti certo non originali ma trattati in modo per niente generico da chi certe problematiche le ha vissute e continua a viverle.
La struttura narrativa è semplicemente classica, i tempi sembrano scanditi col metronomo e i personaggi sanno leggermente di già visto, insomma si capisce chiaramente che dietro alla macchina da presa sta chi commedie di questo genere ne fa da più di quindici anni e preferisce non uscire troppo dal seminato per andare sul sicuro, almeno riguardo alla forma. Quello che rappresenta una sostanziale differenza con una commedia americana per il grande publico è il modo in cui si ride: sia nelle scene ambientate nei comedy club che negli altri momenti del film infatti è forte e tangibile l’influenza dei ritmi e dei meccanismi della stand up comedy, anche grazie alla presenza di un cast quasi interamente composto da comici di oggi(la star di Comedy Central Kurt Braunohler, la giovane castmember del Saturady Night Live Aidy Bryant e l’ex enfant prodige del black humor Bo Burnham) e di ieri (come il veterano delle sit-com Ray Romano). A prescindere dalla natura improvvisata o meno delle battute dei personaggi, che rimandano comunque allo stile di ognuno degli interpreti quando si trova a calcare il palco di un vero comedy club, l’atmosfera che questo gruppo di professionisti della comicità riesce a creare fa solo bene alla pellicola.
In conclusione, The Big Sick è una commedia brillante che riesce ad essere divertente senya per forya cadere nella piú sconclusionata comicità demenziale, cosa ssempre più rara nel cinema di oggi.