Madame Hofmann di Sébastien Lifshitz è uno dei film in concorso della 28ª edizione del Tertio Millennio Film Fest.
Sylvie oltre la propria vita sente di averne vissute almeno un miliardo, sente di aver visto cose che pochi potrebbero anche solo immaginare e trova che ciò l’abbia cambiata profondamente. Tutto lo stress e la pressione si ripercuotono sul suo stato di salute, le prime inquadrature che la riguardano sono proprio quelle dal dottore, è estremamente stanca e sta considerando di fare dei cambiamenti nella sua vita.
Sylvie Hofmann, infatti, è un’infermiera del reparto di oncologia di un ospedale del nord della Marsiglia. Il film-documentario è ambientato durante il periodo della pandemia da Covid. Al sovraffollamento degli ospedali e alle morti che divengono sempre più numerose, si aggiungono i problemi personali di Sylvie, i suoi problemi di salute, la madre che per la quarta volta ha un tumore. Tutto sembra essere troppo perfino per lei che da ben quarant’anni svolge questo lavoro con passione. Inizia dunque a domandarsi se non sia il momento giusto per andare in pensione, desiderosa di passare più tempo con la sua famiglia, e non con l’equipe ospedaliera che ormai vede come una seconda casa, prima che sia troppo tardi.
Quello che ci viene mostrato da Lifshitz è il ritratto di una donna, nel ritrarla però non si sofferma solo su di lei. Il racconto infatti si districa tra i suoi rapporti personali, vediamo la figlia e il nipote, la madre e il marito, alternando la narrazione della sua vita personale con quella che è la sua realtà quotidiana all’interno dell’ospedale. Ciò che colpisce è come il film riesca a toccare tematiche estremamente pesanti, come il continuo rimando alla morte incombente, sempre con un tono ironico e una buona dose di buonumore, rendendo la visione per nulla pesante allo spettatore, portandolo a riflettere, ma con il sorriso sulle labbra.