Dopo il documentario semiautobiografico Flames (co-diretto con Zefrey Throwell), una serie di corti e due lungometraggi, il terzo film dell’attrice e regista indipendente Josephine Decker è un thriller psicologico che usa lo schema del dramma di formazione per parlare del processo di guarigione e crescita di una teenager.
La ventenne Helena Howard – qui al suo debutto sul grande schermo – ha un magnetismo naturale e un vero talento, per fortuna! E sì! E’ una fortuna che l’interpretazione della Howard sia così acuta e ben definita perché lo stile sperimentale usato dalla Decker è piuttosto frustrante.
La sedicenne Madeline (Helena Howard) vive in una piccola casa, in una zona di New York, con sua madre Regina (Miranda July) e suo fratello minore Damon (Jaron Elijah Hopkins ). E’ stata ricoverata per una malattia mentale, ha lottato contro di essa e continua a prendere farmaci. Tuttavia le sue esplosioni violente e il suo bisogno di indipendenza continuano a mettere a rischio il rapporto con la famiglia, gli amici, i ragazzi.
“E’ tutto una metafora”,”Quello che stai vivendo è solo una metafora” proclama all’inizio e durante il film una pacata voice over.
Josephine Decker affronta il disturbo di Madeline anche attraverso i corsi di recitazione della ragazza in una compagnia di teatro sperimentale, tenuti da Evangeline (Molly Parker), che vede in questa adolescente un potenziale grezzo da plasmare. La regista chiede al pubblico un notevole sforzo: quello di entrare nella tempestosa psiche della protagonista. Un film esasperante, soprattutto nelle scene delle performance teatrali (fatti di respiri e sospiri e fiati). Un film inquietante nella sua contraddizione e dimensione a metà tra fantasia e realtà. Un film provocante nella ricerca di una terapia (cura attraverso) nell’arte e di un processo creativo. Madeline’s Madeline non è una storia facile, di certo non la vuole essere. Con movimenti egoisti della macchina da presa, alcune riprese fuori fuoco, un montaggio velocissimo, viene fuori tutta la tensione e l’impazienza: sembra che la regista abbia voluto sottoporre il pubblico a un esame o a un test con le sue improvvisazioni in questo psicodramma. Se era una prova, noi non l’abbiamo passata.