Alla Maquinaria Panamericana, una ditta messicana, è il ventesimo giorno senza incidenti. Gli operai e gli impiegati stanno entrando al lavoro, come ogni mattina, mentre una dolce musica in sottofondo accompagna le parole del contabile che incoraggia a vivere intensamente, senza mediocrità, sfruttando l’ansia in favore della vita. Perché questa ditta, una grande officina meccanica, è il posto ideale dove lavorare.La segretaria del Direttore Generale bussa alla sua porta; preoccupata, perché non c’è ancora, essendo il primo ad arrivare, lo manda a cercare. Don Alejandro, la cui casa è situata all’interno della Maquinaria Panamericana, è deceduto. La notizia getta nel panico i suoi dipendenti. Tutti sanno, infatti, che i loro stipendi provenivano direttamente dalle sue tasche; la ditta è in fallimento, non è più produttiva da anni, deve montagne di soldi alle banche. Chi ha lavorato lì per 40 anni è senza garanzie pensionistiche. Incitati dal ragioniere, che dà a Excel la colpa dei debiti, dipendenti e operai si barricano dentro la Maquinaria Panamericana, per fermare il tempo, per evitare che tutto venga svenduto. Finché la situazione non si risolverà, saranno gli architetti del loro destino.
In concorso al 34. Torino Film Festival, il regista Joaquín Del Paso porta il suo primo lungometraggio, scritto insieme a Lucy Pawlak.
Con Maquinaria Panamericana ha voluto fotografare un particolare momento storico del suo Paese.
“In Messico la situazione è così delicata, economicamente e politicamente, che le persone vivono in un costante regime di paura. Ci aggrappiamo con disperazione a ciò che abbiamo guadagnato e la sola idea di una nuova crisi porta al panico collettivo”.
E’ una storia dalla satira aspra e surreale, una critica sociale dall’ umorismo tetro che tende a strafare sul finale, scivolando male sul grottesco.
Tutti i lavoratori procedono follemente all’elaborazione del lutto, non solo per la morte del principale, ma per il loro futuro.