“Walk through walls: camminare attraverso i muri”: con questa espressione Marina Abramović descrive la forza di volontà ferrea, quasi soprannaturale, dei partigiani comunisti nella Yugoslavia degli anni ’40. Tra i partigiani spiccano Vojin e Danica, due eroi di guerra e genitori della stessa Abramović. Come dimostra questo libro, essi sapevano davvero piegare ogni desiderio o bisogno alla propria volontà; ma in particolare sapevano piegare la figlia, che verrà forgiata da queste figure eroiche e severe, profondamente infelici.
La piccola Marina cresce in una famiglia stoica, in cui il valore si misura nella capacità di resistere al dolore: non stupisce, alla luce di questa infanzia così dolorosa, che il lavoro dell’artista sia costruito intorno al superamento del dolore e del malessere fisico. Gli unici ricordi felici sono quelli legati alla nonna, alla quale viene affidata per i primi sei anni di vita. Arbitrariamente riportata alla casa materna, Marina subisce il rapporto violento dei genitori e in particolare la ferocia della madre. Non mancano gli aneddoti di vita domestica, conditi dai continui tradimenti del padre e ceffoni della madre. Marina cresce in una famiglia davvero particolare, in cui è legittimo regalare una pistola a una ragazzina di quattordici anni ma non un paio di collant o un cd di musica alternativa. Questo sviluppa in lei un’ossessione per la simmetria e la totale incapacità di inveire contro qualcuno.
Un’altra fase importantissima nella vita dell’artista è quella della relazione amorosa e professionale con Ulay, che durerà dodici anni. Si conoscono per caso, ad Amsterdam. Colpiti dal comune odio per il loro compleanno, che oltretutto cade nello stesso giorno dell’anno, tra i due scatta il fatidico colpo di fulmine, che li renderà amici inseparabili, amanti, compagni di viaggio e di vita. Su un furgone scassato, insieme alla cagnolina Alba, i due artisti attraversano l’Europa, portando le loro performances nei più importanti musei e festival dell’epoca. Una storia d’amore da romanzo, che darà origine a performances famosissime: Imponderabilia del 1977, Rest Energy del 1980 e il loro addio, The Lovers, nel 1988. Questo amore sofferto culmina nel 2010, quando i due si trovano, ancora una volta, l’uno davanti all’altra, nel corso della performance The Artist is Present: le lacrime scorrono ma ormai il filo si è spezzato.
Il libro ci permette di comprendere i motivi profondi che guidano il lavoro dell’artista ma ci regala anche uno scorcio privilegiato sulla nascita ed evoluzione della performance art. Tra le pagine fanno capolino grandi nomi dell’arte e della cultura: John Cage, Björk, Joseph Beuys, Susan Sontag, Klaus Biesenbach. Nonostante la grande forza, anche Marina ha avuto bisogno dei suoi compagni di viaggio: “I could not walk through walls alone”. Un’autobiografia ricca e coinvolgente, che appassionerà i fan; ma soprattutto una testimonianza unica, adatta al neofita che vuole scoprire chi sia Marina Abramović e in cosa consista la performance art – la forma artistica che meglio rappresenta la società contemporanea e il futuro.
Marina Abramović, Walk through walls. A memoir, Crown Archetype, 2016, pp. 370.