Quando mancano ormai pochi mesi all’arrivo su Netflix di Iron Fist, la serie sull’ultimo Defender prima dell’annunciato crossover di 8 episodi, cogliamo l’occasione per spendere qualche parola in merito alla prima stagione di Jessica Jones, secondogenita della collaborazione Marvel che si muove in maniera inaspettatamente adulta all’interno dell’MCU.
Il palcoscenico è ancora una volta il quartiere di Hell’s Kitchen, dove l’investigatrice privata Jessica Jones – interpretata da Krysten Ritter – si guadagna da vivere scavando nel marciume di New York per conto di mogli sospettose e dell’avvocatessa senza scrupoli Jeri Hogarth – Carrie-Ann Moss.
La sua routine di alcolismo e appostamenti è stravolta dall’arrivo dei coniugi Shlottman, alla ricerca della figlia Hope. Nel corso delle indagini Jessica scopre che dietro la sparizione vi è lo zampino di Kilgrave – David Tennant –, il telepate che anni addietro l’aveva fatta sua schiava e che credeva morto. Con l’aiuto dell’amica d’infanzia Patricia Walker – Rachael Taylor – e del barista Luke Cage – Mike Colter – Jessica userà i suoi poteri per sventare il piano di vendetta di Kilgrave, mettendo a dura prova la propria integrità e salute mentale.
Come già palesato in Daredevil, l’universo in cui si muovono questi “giustizieri” è ben altra cosa rispetto a quello del filone supereroistico tradizionale: nel caso in esame siamo infatti più vicini al noir o al poliziesco che al cinecomic, in primo luogo per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi.
Jessica, benché dotata di una forza sovrumana, è quasi un rifiuto della società, rissosa e sempre in bolletta, ma i comprimari non sono da meno: Patricia, conduttrice radiofonica di successo, ha alle spalle un burrascoso rapporto con la madre – rappresentante del lato oscuro del mondo dello showbiz –, mentre Luke è ancora alla ricerca dell’assassino della moglie Reva.

Una nota di merito va all’antagonista Kilgrave, impersonato alla perfezione da David Tennant: grazie alla capacità di controllo mentale precipita i nemici nella paranoia manipolando coloro che gli stanno intorno, ma nonostante la scia di vittime innocenti una volta venuto a conoscenza del suo vero intento lo spettatore potrebbe non essere più così irremovibile nel dare il proprio giudizio.
Inoltre, data la presenza intermittente dei flashback e degli attacchi di panico Jessica – che rasentano l’horror in Che cosa farebbe Jessica? – si è continuamente portati a riconsiderare i personaggi, protagonista in primis.
Curatissimo è anche l’insieme delle figure secondarie che gravitano attorno a Hell’s Kitchen. Inizialmente poco più che macchiette, ognuna darà un contributo fondamentale al progredire della trama e alla definizione del nucleo ideologico della serie: il fattone Malcolm è innesco di una svolta capitale nel quarto episodio 99 amici e portavoce dell’invettiva degli autori contro la tossicodipendenza; Jeri è il prototipo della businesswoman che non conosce altro dio all’infuori di sé; Hope è una ragazza di provincia costretta a subire il trauma dello stupro, fisico e mentale.
Insomma sotto questo profilo Jessica Jones non ha peli sulla lingua e analizza quelli che sono i veri mali della società, senza omettere dettagli cruenti – di cui vi è un crescendo man mano che ci si avvicina al season finale – quando necessario.
A ogni modo, per quanto ci si possa innamorare dei personaggi difficilmente si resterà incollati allo schermo. La serie non incoraggia il binge watching – cosa non da poco se consideriamo la piattaforma cui è destinata – , con puntate fiaccate da scambi interminabili di battute a effetto e combattimenti posticci riconducibili all’impronta Marvel.
Il comparto registico fortunatamente è in grado di risvegliare l’attenzione, con scelte ardite quali il frequente utilizzo di angolazioni insolite e dello sfuoco, senza contare alcune sequenze che sembrano provenire direttamente da un film di genere – pensiamo alla scena del tratto in moto di Luke nell’episodio Sei il nostro vincitore! o a quella dell’incidente d’auto in Pillole blu.

Concludendo, pur trattandosi di un prodotto riuscito, visti il finale – che stride con l’atmosfera delle ultime puntate – e le aspettative per la prossima stagione, tutte incentrate sull’identità dell’agente Simpson – che menzioniamo soltanto per non anticipare troppo – e al suo rapporto con l’organizzazione nota come IGH, è difficile dire se questo potrà ancora suscitare interesse al di fuori della cerchia degli aficiónados Marvel.