Tratto da un racconto inedito dalla penna dello stesso regista Ko Giddens, Mon Mon Mon Monsters è una commedia horror che con repentini passaggi dal nonsense alla violenza più cruda racconta il dramma del bullismo.

Lin Shu-weiDeng Yukai – è uno studente delle superiori vittima delle angherie del compagno Ren-haoCai Fan-xi – e della sua banda di perdigiorno. Una notte i ragazzi si imbattono in due creature subumane assetate di sangue, di cui riescono a catturare la più piccola: Lin entra così a far parte del gruppo del suo ex-nemico, partecipando, seppur con una certa riluttanza, alle torture sul mostro. Nel frattempo però l’altro esemplare si è messo alla ricerca del suo simile e sta facendo strage di studenti nel disperato tentativo di ritrovarlo. I protagonisti elaboreranno quindi uno stratagemma per fermare una volta per tutte la bestia.

Alla sua seconda prova dietro la macchina da presa, Giddens ha dichiarato che Mon Mon Mon Monsters era stato concepito come un horror in piena regola e che solo in un secondo momento ha preso piede l’idea di inserire una componente comica, caratterizzata comunque da uno humor nerissimo che ha per bersaglio gli uomini nella loro mostruosità e i mostri nella loro umanità.

mon mon mon monsters

Miscelando sapientemente splatter e tematiche adolescenziali, il film porta a chiedersi chi siano i veri mostri: certo le due sorelle zombi non si fanno molti scrupoli a squartare chiunque capiti loro a tiro, ma è anche vero che questo è l’unico modo che hanno di procurarsi il nutrimento; viceversa, Ren-hao e i suoi seviziano un essere indifeso per puro divertimento, senza remora alcuna. L’invettiva contro l’amoralità della gioventù odierna non risparmia nemmeno il protagonista, colpevole di essere passato dalla parte dei carnefici e di ipocrisia per aver sempre mantenuto una posizione di compromesso. Una caratterizzazione dei personaggi che rivela una visione pessimistica dei rapporti sociali, per la quale l’individuo che si viene a trovare in una posizione di potere necessariamente ne abusa.

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Ma Mon Mon Mon Monsters non contempla soltanto la violenza psicologica. Le sezioni della prigionia della mostriciattola ricalcano gli stilemi del torture porn e i massacri a opera della sua “sorella maggiore” sono un tripudio di mutilazioni in grado di lasciare a bocca aperta gli amanti del genere: indimenticabile è la sequenza della carneficina a bordo del bus scolastico, con un montaggio alternato che mostra la preparazione di un frullato al melone mentre dall’interno del mezzo sgorga un vero e proprio fiume di sangue. Il gore insomma la fa da padrone, come ci ricordano le conflagrazioni spontanee e le perdite di fluidi corporei tra una battura e l’altra.

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Senza sacrificare la tecnica al messaggio – si pensi alle virtuosistiche sequenze in soggettiva dal punto di vista del mostro – , Giddens chiude a qualsiasi possibilità di riscatto dell’essere umano, come si evince dal voltafaccia finale di Lin e dalla sua epurazione finale, girata con un suggestivo filtro rosso.

In definitiva, Mon Mon Mon Monsters risulta apprezzabile solo all’interno della sua nicchia ma riesce laddove molte altre pellicole presentate al Festival hanno fallito, ossia nel doppio intento di intrattenere e reinventare il genere di partenza.