“Nessuno ci può giudicare” di Steve Della Casa

Un film a 45 giri

Non c’è nulla di meglio per un regista che realizzare un documentario su uno dei suoi argomenti preferiti; non c’è nulla di meglio per uno spettatore che vedere un documentario su uno dei suoi argomenti preferiti realizzato come meglio non si potrebbe.

La musica rock italiana degli anni Sessanta sarà pure un argomento nostalgico, di nicchia, superficiale, magari superato, forse ai giovani non interessa: ma non si può dire che sia banale. Quella musica lì, il “beat”, è stata la colonna sonora di anni rivoluzionari, ne ha permeato il corso e ne ha condizionato le scelte: anni di chi oggi è ancora vivo e vegeto e non ha dimenticato ancora nulla. Quella musica è storia.

Come ogni storia ha i suoi protagonisti, alcuni dei quali appaiono nelle loro vesti di oggi: Don Backy, Caterina Caselli, Tony Dallara, Ricky Gianco, Rita Pavone, Gianni Pettenati e cantanti inglesi che hanno scelto il nostro Paese per sempre: Mal dei Primitives e Shel Shapiro dei Rockes.
Altri protagonisti appaiono in filmati di repertorio, in bianco e nero, alcuni sono ancora sulla breccia, altri nel tempo hanno trovato altre strade o ci hanno lasciati: Patty Pravo, Mina, Renato Zero, Adriano Celentano, Gianni Morandi, Fred Buscaglione, LittleTony…
Piero Vivarelli, regista di molti “musicarelli”, i film musicali in volga in quegli anni, ci racconta come e perché nacquero; ne rivediamo alcuni brani, che continuano a farci commuovere e innamorare.

Ascoltiamo interviste di repertorio ai giovani di allora, una generazione che non lo sapeva ancora che sarebbe stata la prima e l’unica nella storia dell’umanità a vivere senza e con computer e telefonini.

C’è qualcosa di epico e di immenso in questa ora e mezza di documentario, realizzato con un incalzare rapido, conciso, essenziale ma generoso di didascalie, immagini e suoni, attraverso dieci anni nei quali, come dice il regista torinese Stefano “Steve” Della Casa: “succede di tutto, ma soprattutto che la cultura del mondo intero si confronta per la prima volta e il mezzo di questo confronto è la musica”. A dispetto della fragilità di quelle note si sente l’orgoglio di chi ha cercato di cambiare il mondo e davvero lo ha cambiato, per la prima volta senza guerre e anzi, contro le guerre. Ci saranno stati sbagli, certo, fatti anche gravi e seri di cui pentirsi. Ma il regista avverte: “Nessuno ci può giudicare”.