“Ogni volta che mi baci muore un nazista” di Guido Catalano

Poesie nell’era di Tumblr

Guido Catalano, torinese classe 1961, si è imposto all’attenzione del pubblico negli ultimi dieci anni, soprattutto grazie a un sapiente uso dei social media e a frequenti reading in tutta Italia. La sua poesia si contraddistingue per uno stile semplice e di facile comprensione, per titoli accattivanti e per la forte autoironia. La sua ultima raccolta Ogni volta che mi baci muore un nazista, edita a febbraio da Rizzoli, sta riscuotendo un certo successo, grazie anche a un tour dedicato e ad una pagina Facebook molto attiva.

Il libro non è esilarante come si poteva sperare, si caratterizza invece per una banalità inaccettabile: 150 poesie ripetitive, uguali l’una all’altra. Ce ne sono forse quattro che si distinguono dalle altre e si leggono con piacere; tra queste citiamo la spassosa Si può morire di ciliegie? e Volevo venire a volerti bene in pausa pranzo, ritratto contemporaneo di un amore osteggiato dal lavoro full time.

Alcune poesie sono vere e proprie conversazioni tra innamorati, parole che potrebbero essere pronunciate solo da due adolescenti un po’ tonti: «Hai scelto un bel giorno per non morire» dice lui; «Si, è troppo pazzescamente primavera» risponde lei.

Altre si caratterizzano per l’utilizzo di neologismi scontati, ossimori terribilmente ovvi (una ragazza di nome Chiara non può che essere buia dentro, a quanto pare) e soprattutto per l’uso snervante di apostrofi messi a casaccio, non necessari e che anzi disturbano la lettura: «Vogl’essere ospite fisso delle tue labbra» oppure «le sue lacrime evaporavano via dagl’occhi».

Altre ancora rappresentano dei ritratti femminili che non hanno nessuna forza; queste donne rimangono delle sconosciute, sono sfocate, a quanto pare anche per l’autore visto che le descrive quasi tutte dicendo che hanno occhi o capelli di un colore indefinibile. Se non lo sa definire Catalano, che le ha conosciute e che fa lo scrittore di mestiere, al lettore serve davvero molta fantasia.

Catalano è un seduttore, cerca di conquistare il pubblico con titoli accattivanti che vorrebbero essere ribelli ma non trasmettono assolutamente niente se non una certa svogliatezza – ad esempio le poesie Qui dobbiamo mettere un titolo: che titolo mettiamo? (Questo non è un titolo) oppure Al titolo ci penso poi che ora mi sento troppo stanco. La sua anima di playboy emerge costantemente nei suoi monologhi o dialoghi, nei quali si rivolge alla donna amata chiamandola “dolcezza” o “baby”: non stupisce, quindi, che spesso questi amori non godano di un lieto fine.

Guido Catalano ha dichiarato più volte la sua volontà di scrivere delle poesie che siano alla portata di tutti; ma la poesia, semplicemente, non è alla portata di tutti. La sua opera è così condizionata dai social media che anziché essere contemporanea diventa altro: un banale twit, uno stato simpatico su Facebook. Sui social media, infatti, l’autore spopola. I suoi fan lo apprezzano soprattutto per i suoi reading, a metà tra lettura e performance teatrale; ma se la poesia ha bisogno della voce dell’autore per  prendere vita, significa che ha perso una caratteristica fondamentale: l’universalità.

La sua opera è una mera operazione di marketing, un insieme di frasi fatte, dichiarazioni d’amore da teen movie, espedienti costruiti ad hoc per scatenare la risata. Non c’è vera poesia, quella che innalza il lettore o che lo porta negli abissi più profondi della disperazione: Catalano rimane ben ancorato a terra, incollato a un pc dal quale i suoi versi  sono condivisi e twittati, alla conquista di qualche like.

Per citare lo stesso Catalano: «al poeta, signori/gli si chiede una cosa che è una/al poeta gli si chiede/siediti/mettiti comodo/e scrivine una bella». A lui non è riuscito.

Guido Catalano, Ogni volta che mi baci muore un nazista, Rizzoli, 2017, pp. 322, euro 18,00.