Sulla scia del successo riscosso in Gennaio da your name., l’11 e 12 Aprile Dynit e Nexo Digital hanno proposto agli spettatori italiani il lungometraggio d’esordio di Makoto Shinkai, Oltre le nuvole. Il luogo promessoci (2004), storia d’amore giovanile sullo sfondo di un Giappone distopico diviso dalla Guerra Fredda.
Hiroki e Takuya, studenti delle medie di Aomori, condividono un sogno: raggiungere la torre che si staglia al centro dell’isola di Hokkaidō, irraggiungibile a causa della divisione del Paese tra Unione Sovietica – che controlla appunto l’Hokkaidō – e Stati Uniti. I due non si danno per vinti e passano l’estate a costruire un velivolo per oltrepassare il confine aiutati da Sayuri, una compagna di classe che soffre di strane allucinazioni. Dopo un salto temporale di tre anni, scopriamo però che quel sogno non si è realizzato: Takuya lavora in un laboratorio di ricerca sugli universi paralleli – il segreto alla base della tecnologia sovietica – , mentre Hiroki si strugge per l’assenza di Sayuri, sprofondata in una sorta di coma e tenuta sotto chiave dall’intelligence americana. Seguendo strade autonome, i due amici uniranno le forze per salvare Sayuri, al centro di interessi militari per il suo misterioso legame con la torre.
Prima opera d’ampio respiro di Shinkai, vi si ritrovano diversi spunti in nuce che di lì a una decina d’anni sarebbero stati mutuati e portati a maturazione in Kimi no Na wa: l’amore di Hiroki e Sayuri, frustrato dal continuo rincorrersi attraverso due dimensioni compenetrantisi – Hiroki nel mondo reale, Sayuri in quello parallelo creato dalla sua mente – , ricorda quello di Taki e Mitsuha, anche per il fatto che in entrambi i casi la memoria gioca un ruolo fondamentale.
Tuttavia, sarebbe improprio tentare di impostare un’analisi meramente retrospettiva a partire dall’ultima fatica del regista: Oltre le nuvole. Il luogo promessoci gode infatti di una sua autonomia, nel bene e nel male, e non andrebbe riabilitato né sminuito alla luce del favore incontrato negli ultimi tempi dal suo autore.
Ciò detto, per essere un debutto sul grande schermo, Kumo no Mukō, Yakusoku no Basho – questo il titolo originale – appare povero di contenuto nonostante sia fittamente dialogato.
La trama dall’involucro fantascientifico, resa ancor più complessa dal montaggio ellittico, serve il solo scopo di confondere lo spettatore e nascondere il buco di sceneggiatura relativo al funzionamento della torre; dal momento poi che il film non si limita ad abbozzare la questione degli universi paralleli, ma pretende pure di descriverla nel dettaglio – con tanto di “spiegone” finale che di chiarificatorio ha ben poco –, il divario tra questo e l’animazione sci-fi introspettiva cui tenta di rifarsi – un esempio su tutti la serie Evangelion (1995) di Hideaki Anno, omaggiata esplicitamente in un paio sequenze – risulta ancor più evidente.
Sul fronte dell’analisi psicologica dei personaggi – limitata a Sayuri e Hiroki –, ci si imbatte invece in elucubrazioni affettate e ridondanti, pensate per commuovere ma che finiscono per sortire l’effetto inverso. Inoltre, come già segnalato in altra sede, questo ozioso ragionare sui sentimenti sembra quasi un pretesto per la mancata presa di posizione in merito al dispotismo delle superpotenze, le uniche additabili come colpevoli di aver trasformato il Giappone in zona di guerra e aver separato Hiroki e Takuya l’uno dall’altra. Nel loro nascondere la testa sotto la sabbia senza nemmeno l’attenuante di un ideale da difendere – a un certo punto Takuya entrerà nelle fila degli indipendentisti, ma solamente per soddisfare la sua curiosità di scienziato –, i personaggi di Shinkai si rivelano pertanto incredibilmente statici e infantili, ben distanti da quelli miyazakiani.
L’unico parallelo che si può istruire con la filmografia di Hayao Miyazaki – cui tanto spesso Shinkai è stato accostato – è forse con il suo ultimo lascito in seno allo Studio Ghibli, vale a dire Si alza il vento (2013), per certi versi un tradimento ideologico dei valori propugnati nelle opere precedenti. Al di là del comune denominatore della fascinazione per il volo e l’aviazione, in entrambi troviamo un antimilitarismo stemperato alla luce della fondamentale amoralità dei protagonisti: come Jirō si lava le mani dell’utilizzo che si farà dei suoi progetti – destinati a concretarsi in macchine di morte per una guerra che affama il suo stesso popolo –, così Takuya e Hiroki restano inerti dinanzi alla scomparsa dell’amica, senza capire che sono state proprio le ingerenze delle nazioni imperialiste a separarli.
Oltre le nuvole, Il luogo promessoci si configura dunque come un esordio tutt’altro che brillante, apprezzabile al più per la cura particolareggiata dei dettagli e dei fondali, in netto contrasto con il character design anonimo e stereotipato.