Nella sezione Un Certain Regard del 76° Festival di Cannes arriva il primo lungometraggio Baloji, l’hip-hopper diventato regista.
Omen, una coproduzione belga, olandese e congolese, con un’esplorazione visiva attenta ai generi che usa per descrivere le diverse dinamiche della storia, racconta i conflitti intimi di un uomo che fa ritorno in patria, dall’Europa all’Africa.

Il film è suddiviso in quattro capitoli, ciascuno dedicato a un protagonista, ma legati tutti tra di loro.

Dopo 18 anni Koffi, che vive in Europa dove è felicemente fidanzato con la bianca Alice (Lucie Debay), incinta di due gemelli, decide di tornare a casa in Congo per le “presentazioni ufficiali”. Ma le premesse non sono entusiasmanti a cominciare dalla gelida telefonata con la madre, che non lo vuole vedere.

Tuttavia l’uomo è intenzionato a fare pace con la sua famiglia, incluso suo padre, che lavora nelle miniere locali. La telefonata della madre è solo la punta di iceberg di credenze, costumi e superstizioni contro cui Koffi, ma soprattutto Alice si scontreranno.

È un film su una storia famigliare, malinconico e doloroso, a cavallo tra cultura europea e stregoneria africana. Forse lascia troppo alla comprensione dello spettatore che deve decifrare temi che spesso sono troppo sfuggenti e poco approfonditi; tuttavia lo stile intuitivo e entusiasta del regista, che getta una spontanea compassione sui suoi personaggi, arriva a far dimenticare le ingenuità di un’opera prima.