Coproduzione tedesca, danese e svedese (e come sennò?), questo thriller politico è il terzo, intenso e acuto lavoro del quarantaseienne regista – svedese di padre egiziano – Tarik Saleh e gli è valso il meritato Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival del 2017.

Titolo originario è “The Nile Hilton Incident” che, a differenza di quello tradotto che richiama Agatha Christie, immette direttamente nel fatto di cronaca cui molto liberamente si ispira, ossia l’assassino  della cantante araba libanese Suzanne Tamim, avvenuto a Dubai nel 2008 e per il quale fu condannato il potente uomo d’affari e politico egiziano Hisham Talaat Moustafa.

Nel film i protagonisti del fatto di cronaca sono altri e diverso è lo svolgimento dei fatti, libertà che il regista si prende per dare risalto a elementi socio politici più rilevanti. Veri protagonisti del film sono infatti altri: uno è l’eroe- poliziotto Noredin, personaggio quasi letterario, un po’ dongiovanni galantuomo e un po’ corrotto anche lui, mosso però dal desiderio di fare giustizia, straordinariamente interpretato da Fares Fares, attore di origine libanese e anch’egli naturalizzato svedese; l’altro protagonista è Il Cairo dei giorni della rivoluzione del gennaio 2011, ricostruito nel film con tutta la torbida violenza di una corruzione dilagante e di tensioni sociali esplosive.

Una società allo sbando nel quale è lecita ogni violenza e ogni sopruso, dove la vita umana perde di significato e di valore e dove noi non possiamo non pensare subito che certi pestaggi e torture assurdi e ingiustificati che si vedono nel film siano stati proprio quelli che hanno orribilmente ucciso il nostro Giulio Regeni.

Un film che osserva e riporta scene e fatti, che rende note (in una finzione che non è difficile ribaltare nella realtà) le vittime ma lascia nel vago i colpevoli che, prima o poi, trovano il modo, legalmente o illegalmente, di farla franca: così conclude amaramente il film; così raccontano la cronaca e la Storia:  Moustafa, il mandante dell’assassinio di Suzanne Tamim, condannato a morte, riuscì a fuggire; Mubarak, presidente dell’Egitto ai tempi degli eventi raccontati dal film, nel 2012 fu condannato all’ergastolo. Ma nel 2017 è stato assolto e ha riacquistato la piena libertà.