Presentato all’Edera Film Festival 2024 nella sezione cortometraggi Focus Nordest, “Pedine” di Kirya Paoli racconta il dramma del lutto e la rielaborazione dello stesso, attraverso uno sguardo onirico che interroga lo spettatore chiedendogli di compartecipare a questa partita tra la vita e la morte, tra la vittoria e la perdita, tra il bianco e il nero.
In piedi sul bagnasciuga, una ragazza osserva l’orizzonte mentre il mare le accarezza i piedi. Il suono delle onde sovrasta il rumore dei pensieri, i quali, vengono interrotti da una voce fuori campo che richiama la sua attenzione. Un ragazzo, seduto su un tronco poco più in là, le chiede di avvicinarsi per poter giocare con lui ad una partita a scacchi. Incuriosita da questa presenza surreale ed eterea, la protagonista si avvicina e accetta la sfida, prendendo parte a un gioco che diventa simbolo e chiave di accesso al reale.
Recuperando una fortunata tradizione letteraria e cinematografica che si è dedicata al gioco degli scacchi come metafora dell’esistenza – tra i molti “La difesa di Lužin” di Vladimir Nabokov e “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman – arricchendolo con un po’ di pop art – riferimento alla zuppa di pomodoro di Andy Warhol – la regista padovana Kirya Paoli (classe 2002) si sposta su scacchiere usurate dal tempo, muovendo le sue pedine in nuove direzioni. In questo gioco fatto di strategie d’attacco e di attesa la ragazza perde le prime partite, innervosendosi perché «non conosco i trucchi», ma non demordendo poiché riconosce nel suo avversario un’aurea salvifica, un interprete del reale nel suo essere irreale. Il movimento delle pedine inizia così a seguire il ritmo del dialogo tra i due personaggi, il quale diventa un momento di riflessione e apprendimento emotivo attraverso cui la protagonista indaga la propria interiorità, il suo processo di crescita personale, sostenuta dalla voce maschile la quale le ricorda che è necessario perdere una pedina per poter avanzare. Da questa metafora scacchistica si dipana un pensiero, accompagnato – non a caso – dai flutti marini, sulla necessità di lasciare andare per poter ricostruire, una necessaria pars destruens per raggiungere una pars costruens.
Immersa in questa atmosfera onirica, alimentata anche dalla scelta sonora nell’utilizzo di un accentuato riverbero nella voce dei personaggi, la ragazza partecipa sempre più attivamente e strategicamente alla partita, rendendo la scacchiera lo specchio della sua interiorità e consapevolezza di questa. A rompere l’incanto di questo momento è l’arrivo di un ragazzo – Seba- la quale la raggiunge sulla spiaggia, rimproverandola di non aver risposto alle telefonate. È solo grazie alle parole di quest’ultimo, il quale chiede alla ragazza di affrettarsi a raggiungere il luogo dove si terrà il funerale, che lo spettatore riesce a recuperare quanto è stato messo in gioco nei minuti precedenti: il lutto e la sua rielaborazione. Così, come pedina di una società impregnata dell’afasia al dolore, la ragazza sacrifica l’alfiere per raggiungere la vittoria. Come uno scacco matto, il cortometraggio “Pedine” guarda in faccia il lutto, scegliendo le giuste mosse per recuperare i pezzi e sopravvivere allo stesso.