Alla 53. edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro è stata presentata in concorso l’opera prima dell’autrice israeliana Hadas Ben Aroya People That Are Not Me che aveva già girato in alcuni festival internazionali e che per la prima volta è stata presentata in Italia.
Il film è molto lontano dagli stereotipi del recente cinema israeliano, dove i temi come la guerra e la religione sono spesso in primo piano in opere intense ma dove l’ironia e la commedia sono annullate a favore di una quotidianità difficile e ricca di tensioni e di pericoli.
Questa opera, invece, interamente girata a Tel Aviv, luogo poco utilizzato nel cinema israeliano, racconta la vicenda di Joy, una ragazza venticinquenne che è appena uscita da una relazione tormentata. Il suo ex non vuole più parlarle, ma lei non si rassegna, non riesce a superare questa storia d’amore e allora tenta di ritrovarlo. Lo chiama, lo cerca, ma senza risultato. E allora, quasi per un senso di rivalsa, è attratta da ogni ragazzo che incontra con la speranza di dimenticarlo. Cerca di sedurre un amico, poi un possibile inquilino, ma con entrambi il sesso non funziona, fino a giungere ad un tentativo estremo di rimettersi con il suo ex, al quale deve ancora restituire la chiave di casa.
Questo film scritto, prodotto, diretto e alla fine anche interpretato da Habas Ben Aroya (“ho cercato per quasi due anni l’interprete, poi alla fine pensavo di averla trovata, ma 15 giorni prima della riprese ho capito che dovevo essere io la protagonista” – confessa Habas nell’intervista) è davvero fresco, vivace, brioso, sia nella scrittura che nella regia.
Innanzitutto descrive un paese diverso, qui Israele sembra una nazione pacifica come qualunque altra, magari in Europa, lontana dai conflitti, dove i giovani vivono la loro vita tranquilla, senza il rischio di attentati e tensioni, che mai sono accennati nella vicenda, dove le maggiori pulsioni sono quelle sentimentali e sessuali.
Ecco piuttosto dietro a questa commedia, dai dialoghi scoppiettanti e dal ritmo incalzante, si racconta la difficolta da parte dei giovani protagonisti di costruire un rapporto d’amore, una storia che vada in profondità. Sono tutti presi dalla frenesia della quotidianità e i rapporti sono superficiali, frammentati, l’intimità non passa dalla comunicazione, ma piuttosto dal rapporto fisico. Si nota una certa incomprensione di fondo che non viene facilitata dalla naturalezza nello spogliarsi che non produce risultati positivi, ma piuttosto un senso d’impotenza. I protagonisti non riescono a stabilire un vero contatto e i loro rapporti si trascinano senza un vero scatto in avanti.
La regista è brava a descrivere una realtà, seppure in maniera ironica, dove incalza la solitudine, di quella che i giornali definiscono come la generazione Y, incapace di costruire un rapporto equilibrato, dove, talvolta, si schizza dai social al sesso senza una capacità intermedia di conoscenza. E i dialoghi, spesso assurdi e ricchi di nonsense, mettono bene in evidenza questa situazione, dove il futuro sembra vuoto e con una speranza tutta da costruire.
Il film è efficace nella sceneggiatura, nei dialoghi vivaci, pur esprimendo una storia semplice e la regista Hadas riprende bene l’interprete Hadas (alla sua prima esperienza davanti la macchina da presa), con dei lunghi piani sequenza e con delle riprese dove si insiste spesso sul primo piano, quasi ad entrare ancora più dentro la storia, quasi per cercare di percepire un senso a tutto quello che succede.
People What Are Not Me è stato presentato al festival di Locarno, poi ha girato in altre manifestazioni come a Mar del Plata, in Argentina, a Creteil, a Bilbao, a Istanbul, adesso è stato presentato a Pesaro (dove ha ricevuto una menzione speciale dalla Giuria) e speriamo che questo lo porti ad essere distribuito sugli schermi italiani perché è un’opera prima che porta una ventata di freschezza anche da Tel Aviv.