Correva l’anno 1993, Serena Dandini era al timone di un programma satirico che ha scritto la storia della televisione: Avanzi. Tra i vari comici compariva il Compagno Antonio, interpretato da un esilarante Antonello Fassari, un comunista caduto in coma negli anni Settanta e risvegliatosi 20 anni dopo, disperato perché era rimasto tutto – la DC, Andreotti, i Pooh, la mafia … – ma era sparito il Partito Comunista. Era una satira fine e acuta.
Per chi è cresciuto con i programmi di Serena Dandini, è (molto) improbabile non ricordare il Compagno Antonio guardando Quando, l’ultimo film di Walter Veltroni, tratto dal suo omonimo romanzo (2018, edito da Rizzoli).
Nell’estate del 1984 in piazza San Giovanni, durante il dolore collettivo per la morte di Enrico Berlinguer, l’asta di una bandiera rossa crolla in testa al 19enne Giovanni (Neri Marcorè) che finisce in coma per ben 31 anni.
Improvvisamente si risveglia, quando tutto sembrava perduto. Ma il mondo che ha lasciato non c’è più: la sua famiglia, la ragazza, il partito tanto amato.
Giovanni è un quasi cinquantenne, non ha dato la maturità, e si trova di fronte al cambiamento climatico, a incredibili tecnologie, e poi non ci sono più il PCI, la Dc, c’è stato Berlusconi, è caduto il muro di Berlino, c’è stata la strage di Capaci e il Bataclan, non esiste più l’Urss, l’euro ha sostituito la lira, …
Con l’aiuto di Suor Giulia (Valeria Solarino), figlia di un comunista, che ha vegliato su di lui durante il coma, e di Leo, un ragazzo problematico affetto da mutismo selettivo, ricoverato nella stessa clinica riabilitativa, Giovanni inizia a decifrare questo nuovo mondo, facendo scoperte personali molto dolorose (una ex fidanzata sposata con il suo migliore amico, una figlia), per capire se è meglio o peggio di quello che ha lasciato.
Sceneggiato da Doriana Leondeff, Simone Lenzi e Walter Veltroni, Quando è meno amatoriale del primo lungometraggio di finzione del regista (C’è Tempo), ma inciampa nella nostalgia canaglia della malinconia.
Più fragile che delicato e sdolcinato in alcuni momenti, si altera, ed esagera, nella costruzione dei rapporti interpersonali e dei dialoghi (tra Giovanni e la figlia, e l’ex fidanzata… Resta difficile da capire il ruolo centrale di Suor Giulia).
Quando fa un uso troppo facile dei buoni sentimenti, è un album di ricordi sul “come eravamo” sfogliato dal protagonista, che non trasferisce o trasmette emozioni allo spettatore. È un film che resta sospeso, che parla del tempo, ma senza interpretarlo con profondità. Chi è seduto in sala resta in attesa di un discorso finale più di sostanza che sentimentale, più politico (non ideologico, sia chiaro) o anche più ironico che di melodramma da spot pubblicitario.
Nella sua instabilità, resta in piedi grazie solo a Marcorè e Solarino.
Una produzione Lumière & Co. in collaborazione con Vision Distribution in collaborazione con SKY, prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, è distribuito da Vision Distribution.