Una donna libera in un tempo in cui le donne libere non erano. Libera, ma chiusa in una stanza per buona parte della sua vita, consumando il corpo e gli occhi a forza di scrivere lettere e poesie. Questa è stata Emily Dickinson, poetessa americana, vissuta tra il 1830 e il 1886 ad Amherst, in Massachusetts. Una vita a parte dall’età di venticinque anni, stretta nelle complesse dinamiche di una famiglia di classe agiata. Autrice di una poesia esplosiva, metaforica, ironica ed erotica, fatta di piccole e grandi cose vissute nel profondo dell’anima; i versi di Emily Dickinson sussurrano e gridano dalla sua stanza, in virtù di quella che lei definiva “la libertà di girare la chiave”. Per la condizione femminile d’allora, chiudersi allo sguardo del mondo poteva essere un modo per esercitare il libero pensiero e la libera espressione, per non incorrere nella condanna della società.

Emily è amata dalla sua famiglia, dal padre austero e osservante che non le nega però un’istruzione d’alto livello e il permesso di scrivere durante la notte, quando l’intera casa sprofonda nel sonno. Una giovane donna vestita di bianco, lettrice di Charlotte Brönte e di George Eliot; un corpo che progressivamente appassisce mentre la poesia sboccia, si rinvigorisce ed esplode nei 1775 versi scritti su minuti fogli e rilegati con ago e filo. Auto esclusa o invitata a ripararsi dagli occhi indiscreti perché affetta da epilessia? È indubbio che le convulsioni di una giovane donna di buona famiglia sarebbero state disdicevoli per l’ideale puritano dell’epoca; certo è che i suoi ultimi anni sono stati di grande sofferenza per una malattia renale che la portò a una prematura morte a soli 55 anni. La passione, per Emily Dickinson, assume un significato ampio: sono i sentimenti forti, travolgenti, è la forte sofferenza, sino alla morte.

L’edizione postuma della sua immensa opera ha subito rimaneggiamenti, con sottrazioni di potenza e frammentazioni che hanno visto gli eredi della sua famiglia allargata responsabili e coinvolti in una guerra intestina. La versione più vicina a quella originale attenderà più di un secolo per vedere la luce.

Il regista britannico Terence Davies, mette in scena la donna e la poesia; restituisce la complessità e il drammatico travaglio che si agita sotto una superfice d’apparente armonia: sono i minuti momenti di una vita quotidiana, agiata di cure e rituali. Belli e luminosi gli spazi interni, dove si svolge prevalentemente la storia. Il giardino e i fiori nei vasi, i libri e le relazioni affettuose, una pendola che cadenza il tempo negli ambienti in cui si respira cultura e benevolenza. Gli elementi si sommano, intrecciati ai versi, a comporre quadri densi di senso. Assistiamo a un fuoco che cresce ardendo sotto la cenere, e non solo per la poetessa: passione e sofferenza prendono il sopravvento, declinate in modi differenti: la sofferenza del corpo e la sofferenza interiore, gli amori carnali, l’amore platonico e quello sororale, idealizzati e febbrilmente vissuti vicino o lontano dall’oggetto amato.

Emma Bell e poi una perfetta Cynthia Nixon danno volto e corpo alla poetessa, accompagnata dall’amata sorella Vinnie interpretata da Jennifer Ehele, già luminosa Elisabeth Bennet in Pride and Prejudice, versione BBC.
La purezza stilistica di Davies ci accompagna non solo a scoprire una vita, ma anche a ripercorrere un’opera complessa ed enigmatica. Una piacevole sorpresa che porta lo spettatore al desiderio di leggere o rileggere i versi. Terence Davis con A quiet passion è riuscito a rendere la poesia di Emily Dickinson attraverso le immagini in movimento e a far riesplodere le sue parole scritte per un mondo che doveva rimanere fuori dalla stanza.

 

 

 

Titolo originale: A Quiet Passion
Nazione: Regno Unito, Belgio
Anno: 2016
Genere: Drammatico
Durata: 125′
Regia: Terence Davies
Cast: Cynthia Nixon, Jennifer Ehle, Keith Carradine, Emma Bell, Duncan Duff, Jodhi May, Joanna Bacon, Catherine Bailey
Produzione: Hurricane Films, Potemkino
Distribuzione: Satine Film
Data di uscita: Berlino 2016 – Berlinale Special
14 giugno 2018 (cinema)