“Rage” di Sally Potter

Stasera si recita a soggetto: sfilata di moda con delitto

In Concorso
Qual è la vera passerella? dov’è il vero front row? chi ancheggia sulla catwalk?

Un film sulla moda senza la moda: è quello che accade in Rage, il nuovo progetto della regista Sally Potter in concorso a Berlino (anche questo senza una data di futura distribuzione).

Davanti a noi, non sfilano tacchi a spillo e outfit da urlo (come in tutti i fashionmovie che si rispettino da Prêt-à-porter di Altman a, ovvio, il Diavolo veste Prada), ma un tourbillon di personaggi strampalati che incarnano ognuno con la propria affettata personalità qualche tratto dello stereotipo che aleggia nel fashionverse.
Progetto interessante che affonda nella (presunta) banalità: il regno della moda è vacuo, superficiale e frivolo. La tripletta di aggettivi che si associano immediatamente a questo universo suona pontificatoria.

Molto gustosa l’idea di costruire tutto il film sul mezzo busto dei protagonisti e di cancellare e annientare completamente lo sfondo.
Si parla dietro al blue-screen di volta in volta virato in colori fluo accesi e incandescenti.
Si annienta il contorno, il dettaglio, quella che è l’essenza che mondo che si vuole raccontare (per astrarsi, forse e per far collimare l’universo fashionista a qualsiasi altro ambiente coltello-nei-denti-lavorativo).
Si rimuovono i vestiti per lasciare la scena a chi in quel mondo ci lavora (la sarta invisibile Adriana Barraza, l’appassionata manager Dianne West, la babymodella Lily Cole, il pr Jacob Cedergren, la giornalista Judi Dench), per far assurgere gli addetti ai lavori a demiurghi di stili e modi di vita.

Questi gli elementi in gioco dove è il fuori campo a diventare motore. E’ nella dialettica del cinema giocare tra nascondimento e svelamento e qui si rafforza questa vecchia idea.
Il delitto, una morte alla Isadora Duncan – una modella inciampa in una sciarpa e si strangola, non impedisce agli attori di trovare l’attimo per condividere quello che sta accandendo con il giovane Michelangelo. Nonostante i momenti terribili ci si risiede davanti alla piccola telecamera di uno studente che per compito segue il making of di una presentazione di una linea di moda.

Le interpretazioni attoriali, tolta la pedanteria, sono a dir poco sublimi. Su tutte spicca la fantastica performance di Jude Law: una drag queen, un uomo che vuole esser donna, un americano che vuole intonare il russo..
Vertigine dei perdita dei propri connotati con uno sguardo glaciale e bollente, un trucco pesante e emblematico. Lo segue Steve Buscemi, fotografo d’assalto che dalle trincee di fango è passato alle trincee di seta, e che riporta le sue movenze da fotoreporter avidissimo di scatti anche nel front-row (“se una modella sta per cadere, io scatto! Non allungo la mano) e uno stilista con tic in bilico tra John Galliano e Joaquin Cortes.

Tutto questo per parlare di come “un vestito non è mai solo un vestito” (frase iniziale del film), di come la bellezza si sia ridotta ad un “mucchietto di ossa”, di come si possa parlare di “giungla” e non perchè il maculato è tornato di moda.
Sperimentale e warholiano, avrebbe bisogno di battute più taglienti per andare fino in fondo; c’è più satira nel Diavolo veste Prada che in questo pamplhet poco “mirandapriestlyano”.

Rimane un esercizio attoriale con le unghie colorate “pesanti” ma poco affilate, un tentativo concettuale troppo didascalico dove si cerca di smorzare l’exploitation, dove si cerca di sotto-sfruttare un fenomeno fin troppo sfruttato. Non sortendo nessun effetto particolare.

Titolo Originale: Rage
Regia: Sally Potter
Genere: Drammatico
Durata: 99 minuti
Produzione: Gran Bretagna, USA
Anno: 2009

Con Judi Dench, Jude Law, Dianne Wiest, Steve Buscemi, Riz Ahmed, Eddie Izzard, Lily Cole, Patrick J. Adams, Jakob Cedergren, Bob Balaban, Simon Abkarian, David Oyelowo, Adriana Barraza, John Leguizamo.