Il regista francese Arnaud Desplechin incontra il pubblico di Rendez-vous Festival a Roma

L’ottava edizione di Rendez -vous festival, intrigante viaggio che esplora il nuovo cinema francese, si è concluso con il focus dedicato al regista Arnaud Despechin che ha parlato del suo cinema in una masterclass al cinema nuovo Sacher, moderata da Alessandro Boschi (Hollywood Party – Radio3) e presentato cinque dei suoi film. Desplechin racconta i suoi esordi al cinema durante i quali ha ricoperto diversi ruoli prima di diventare autore “temevo di non riuscire a trovare la mia strada e ha esprimere la mia voce poi mi sono arrivate due illuminazioni – dice – “i libri di Philip Roth e i film di Nanni Moretti, questi ultimi  sono stati per me una rivoluzione copernicana poiché sono la prova che ci si può travestire da se stessi pur rimanendo se stessi proprio come fa Moretti nei suoi film”.

I suoi attori, racconta, devono perdersi nei personaggi ma nel contempo rimanere se stessi, riuscendoci, mentre recitano parole scritte da lui. Un metodo che ha permesso la creazione di uno stretto sodalizio con un atelier di attori come Mathieu Amalric, Emmanuelle Devos, Thibault de Montalembert protagonisti di molti suoi film. “Ma lavorare con gli stessi attori non è sempre facile”- rivela il regista-  “perché, come in un primo appuntamento, la prima volta è facile stupire, la seconda è più difficile riuscire a coinvolgere e a interessare con la stessa intensità. Cerco di farlo scrivendo frasi che sono anche più grandi dei personaggi  anche se, a volte, scrivo qualcosa ma non ne comprendo in fondo il significato, allora comincio a fare un’indagine a ritroso a chiedermi cosa è accaduto prima che ha portato a questo risultato”.

La morte è il tema della sua opera d’esordio “la vita dei morti” a cui dice, scherzando, di essersi approcciato con molta incoscienza: “ho detto ai miei attori immaginate di stare in un film western in un paese che sembra felice ma che in realtà è costruito sul dolore di un’altra popolazione così la felicità della famiglia del film, contenta di ritrovarsi nella stessa casa, è costruita in realtà sul dolore di un cugino morto suicida”.

La cifra del suo cinema è quella di combinare sentimenti che stridono, il contrasto che c’è tra sentimenti alti e banalità, un aspetto mai esibito ma quasi preso in giro e demistificato.  L’analisi, l’amore, la ricerca di se stessi, il doppio, il coraggio delle scelte, l’aspetto antropologico della religione, il conflitto madre-figlio  sono temi che ritornano raccontati spesso in camera-look dove, più che parlare al pubblico, i personaggi sono soli con se stessi e si mettono a nudo in una sorta di autoanalisi.

Il tutto è ben amalgamato da importanti scelte musicali passando da Bob Dylan alle nozze di Figaro e con un registro che non resta sempre uguale, che riesce a variare il suo stile risultando mai fine a se stesso ma sempre funzionale al racconto.

“Un critico americano disse che il cinema è nato da quando è iniziata l’emancipazione femminile” – dice il regista – “e io ho sposato questo pensiero cercando di attribuire una grandezza quasi mitologica ai personaggi femminili.

Le donne decidono e determinano le situazioni e hanno la consapevolezza che attraverso la seduzione possano arrivare anche ad uccidere. Tutta questa forza non fa altro amplificare gli aspetti più ridicoli dei personaggi maschili”.

“Ogni film che realizzo sembra vada contro quello precedente” dichiara Desplechin,  “ma cerco  sempre di realizzare film mitologici” anche se, rivela, non sa esattamente di quale mito si tratti, l’epifania, per usare un termine joyciano autore a lui caro, arriva in fase di montaggio.

“Frasi che a volte sembrano perfette in un altro momento sembrano inadeguate come succede quando arrivano i pensieri cupi durante la notte ma al mattino dopo scompaiono o sembrano troppo violenti. In realtà i pensieri cupi, l’amarezza, i pensieri di cui ci vergogniamo fanno parte della vita e non dobbiamo sopprimerli, questa è la grande lezione che mi ha insegnato Bergman”; un maestro che ha fatto parte della sua formazione insieme a Truffaut, Hitchcock ma anche Fellini.

Il pubblico di Rendez-vous Festival ha dimostrato di apprezzare l’arte di Arnaud Deplechin, comprendendo il valore di un autore articolato e interessante.