Fatih Akin (La sposa turca, Soul Kitchen), regista turco cresciuto in Germania, scrive con intensità (talvolta troppo elaborata) e dirige con energia una storia ispirata alla star del rapper tedesco Xatar (interpretato da uno spavaldo e carismatico Emilio Sakraya).
Dall’inferno di una prigione irachena, a metà degli anni Ottanta, Giwar Hajabi arriva in Germania con la sua famiglia e approda in fondo al mondo.
In poco tempo, passa da piccolo criminale a grande spacciatore, guadagnandosi il soprannome Xatar (pericoloso).
Fino a quando non perde un prezioso carico di droga. Per saldare i suoi debiti con il cartello, Giwar progetta così un leggendario furto d’oro.
Viene arrestato, di nuovo (il film inizia con una serie di flashback che raccontato la sua giovane vita fuori e dentro il carcere), e in prigione a questo giro registra un CD che lo rende celebre.
Rheingold è una commistione di generi, ardita, ma sicura di sé.
È un biopic, è un thriller, è un dramma di formazione, è una storia di immigrazione. È un itinerario tumultuoso che di violenza in violenza snoda mille vite che sono una sola.
Fatih Akin gira con lo sguardo di chi crede nel personaggio che sta raccontando, improbabile eppure reale.
Giwar potrebbe anche aver edulcorato le sue storie.
Di certo forse è stato proprio quello che ha attirato l’euforia del regista che qui conferma il suo talento nel raccontare vite umane, e regala al pubblico una delle sue storie incredibili e appassionanti.