USA, anni Sessanta: dopo una fruttuosa carriera in Francia, Jean Seberg ha ricominciato a lavorare a Hollywood, dopo le prime deludenti esperienze in gioventù. Mentre si trova a Los Angeles per un film, Seberg entra in contatto con i movimenti per i diritti civili degli afroamericani, finanziandoli e partecipando alle loro iniziative. Queste attività la mettono nel mirino dell’FBI che, nell’ambito del programma COINTELPRO, la mette sotto sorveglianza e inizia a sabotarne l’immagine e la reputazione.
La triste storia di Jean Seberg ha numerosi parallelismi con le cronache contemporanee, dove operazioni come COINTELPRO continuano indisturbate, e chi denuncia attività illegali viene perseguito e costretto all’esilio. Quello che sorprende nella vicenda della Seberg sono però la pervicacia e l’ostinazione quasi sadica con cui gli agenti FBI perseguono il loro compito: sembra esserci un implicito godimento nel rovinare la carriera di una giovane idealista, colpevole solo di aver cercato, a volte in modo un po’ naif, di ridurre la diseguaglianza sociale del suo paese. Il film usa le trascrizioni ufficiali dell’operazione, ora disponibili al pubblico, per riprodurre la morbosa ossessione degli agenti, rivelando un abuso di potere che va al di là della “semplice” ossessione per la sicurezza per diventare delirio di onnipotenza.
I pregi del film, però, si fermano qui: la storia è raccontata in modo scolastico e fin troppo lineare, con una regia che si limita al compitino, legando insieme i vari comparti tecnici che pure non brillano per originalità. Kristen Stewart offre una delle prove migliori della sua carriera, ma la sua interpretazione di Jean Seberg non è certo memorabile, e ci offre un ritratto poco sfaccettato di un’attrice dalla personalità complessa, che ha vissuto numerose vite senza godersene davvero nessuna.
Seberg è quindi un senza infamia e senza lode, che si lascia guardare e si fa dimenticare molto in fretta. Vista la materia trattata, resta la sensazione di un’opportunità sprecata per accidia di produzione e regista, che sembrano aver preferito portare a casa la pagnotta piuttosto che realizzare un ritratto vivo e vibrante di una donna appassionata e intelligente, perseguitata fino a farle perdere il senno.