Jana e Maja sono due belle ragazze macedoni, nel pieno della loro vita adolescenziale intessuta di varie quisquilie, invidie e ribellioni casalinghe, quintali di social media e prime cotte, più o meno timide, ma anche pericoli di svolte fatali. In altre parole, una bomba emozionale-ormonale ad orologeria che spesso, purtroppo, esplode. E qui lo fa quando la coppia apparentemente perfetta di amiche inizia pericolose triangolazioni con rivali, amanti e nemici in cerca di successo, vendetta e visibilità.
È sempre un piacere scoprire nuove giovani voci femminili provenienti dai Balcani, e la trentenne Dina Duma da Skopje è qui a confermare che dopo Tamara Kotevska (suo Honeyland) un’altra nuova regista può andare a far compagnia alla più anziana Teona Mitevska di Dio esiste e il suo nome è Petrunya in un ideale gruppo di autrici macedoni che dal sud dell’Europa fanno ben sentire la propria voce. Anche qui l’elemento femminile è preponderante, e il reticolato complesso e delicato di odi ed amori insorgenti nei corpi e nelle menti delle due belle protagoniste dà vita ad concentrato di conflitti sempre sul punto di esplodere. La Duma (sceneggiatrice insieme a Martin Ivanov) non abbassa mai la guardia, non stempera quasi mai la tensione, e ci regala un conglomerato di conflitti che non scivola nelle gore (né, tanto meno nel “gore”) dello youth movie all’americana, ma mantiene sempre in primo piano corpi, occhi e mentalità in ebollizione incarnate in modo conturbante da Mia Giroud e Antonia Belazelkoska. Gli alti e bassi dei loro ormoni da teenager fanno correre la storia sul filo rosso e sulla lama tagliente delle montagne russe dei “piccoli delitti” fra amici. La dimensione verticale delle emozioni, ora apparentemente sotto controllo, ora pronte a schizzare su livelli allarmanti d’attenzione, è ben raffigurata dal leitmotiv del tuffo, dell’immersione nell’acqua e del tentativo di riemersione, che non sempre è coronato da successo.
Le due ragazze sono infatti nuotatrici in una squadra giovanile, e il loro salto da un dirupo che nell’incipit serve loro a farsi notare dal ragazzino più popolare del gruppo ben sintetizza la loro temerarietà e la pericolosità del loro approccio alla realtà: la visibilità, reale e da social, la bravata a tutti i costi che le aiuti ad imporsi nella tremenda rivalità fra teenager in continua competizione, la difficoltà di ponderare gli effetti profondi delle proprie azioni, tutto questo porterà le ragazze su una china inesorabile di catastrofi emotive e fisiche. I temi “di moda” toccati sono tanti, e ad un mero elenco potrebbero sembrare stereotipati: il revenge porn (le ragazze pubblicano un atto sessuale di una compagnia, distruggendole la vita), l’imbarazzo della verginità, la fuga da famiglie disagiate e in perenne divorzio con la felicità…tutto ciò avrebbe potuto incagliarsi in un dramma giovanile da seconda serata televisiva, ma la mano equilibrata della regista, l’intesa anche fisica delle due protagoniste, l’afflato simbolico degli elementi ricorrenti (dispositivi di ripresa in continua evidenza, acqua avvolgente ed amniotica, movimenti verticali…) elevano questo buon esordio dalle secche dei luoghi comuni.
Chi “seguire”? Questa è una delle domande che sorgono quando i giochi pericolosi delle due ragazze si sono ormai trasformati in delitto e vicendevole persecuzione. I propri genitori? (difficile, i buoni esempi mancano); i ragazzi di maggior successo? (ma all’atto pratico si dimostrano un bluff e una delusione); la migliore amica? (e qui la delusione diventa bruciante ed esemplare). Mancano i modelli che non siano illusori e superficiali, e andare in profondità, per due nuotatrici e tuffatrici come Jana e Maja, è difficile e pericoloso. Potrebbero non riemergere più.
Certo, la sceneggiatura paga qua e là lo scotto di un paio di semplificazioni e di coincidenze poco credibili, ma non tutto deve necessariamente tornare nei calcoli: questo non è un documento filmato sulla gioventù macedone, bensì una dichiarazione di passione narrativa, uno sguardo autoriale non indifferente su una generazione, e un tentativo al calor bianco di descrivere la durissima fatica di crescere senza farsi sommergere dalla sovrabbondanza delle emozioni.
Dina Duma è sicuramente una autrice…“da seguire”.