Dopo l’adattamento nel 1976 di Henri Safran, arriva sul grande schermo una nuova versione del romanzo scritto nel 1964 da Colin Thiele.


L’australiano Shawn Seet dirige su sceneggiature di Justin Monjok una favola  moderna, cercando di risaltare i grandi temi di: ambiente, l’industrializzazione e l’emarginazione delle culture indigene.

Girato nel Coorong del South Australia, il film racconta la storia di un uomo d’affari (Geoffrey Rush) oramai in pensione, ma sempre nel consiglio di amministrazione della sua grande compagnia, che sta per approvare un accordo con una società mineraria che causerebbe non pochi danni al territorio. La nipote adolescente dell’uomo lo spinge seriamente a riconsiderare la sua scelta facendolo ripensare e, quindi raccontarle, la sua infanzia quando era conosciuto come Storm Boy.
Il presente, attraverso i racconti dell’uomo, cede il passo alle imprese di un bambino cresciuto in libertà dal padre, sulla costa del suo piccolo mondo fatto di sabbia e mare, ma minacciato dai cacciatori di pellicani. A causa loro, trova 3 pulcini, orfani, e decide di allevarli con l’aiuto di suo padre e di Fingerbone Bill (Trevor Jamieson), un aborigeno di Ngarrindjeri che insegna al ragazzo come prendersi cura della terra e degli animali. Storm Boy, giorno dopo giorno, nutre i tre pellicani, formando un legame particolare con un uccello che chiama Mr. Percival, che restituisce la lealtà del bambino oltre ogni aspettativa.
Se è efficace e ben realizzata la parte del bambino che si prende cura dei pellicani, la narrazione moderna, quella che fa da cantastorie è piuttosto banale e scombinata.
Storm Boy – Il ragazzo che sapeva volare è un film per famiglie, una storia di formazione edificante e malinconica. 


Distribuito da Medusa, sarà in sala dal 24 giugno.