Australia, 1897. Un giovane cammelliere afghano vive una vita semplice nel deserto, insieme al suo socio sikh e a una tribù aborigena. Stanco della miseria, accetta di aiutare un avventuriero a trasportare dell’oro rubato a una misteriosa e lontana fornace per fonderlo e cancellare così il marchio della corona britannica che lo renderebbe riconoscibile.

Se il genere western viene dato per morto da anni (salvo poi risorgere inaspettatamente, come un fiume carsico), ancora più morto sembrava essere quel sottogenere del western dedicato ai “gentiluomini di fortuna”. Reso celebre da grandi classici come Il tesoro della Sierra Madre, il genere vede un gruppo di diseredati fare squadra per raggiungere un obiettivo ambizioso, e ritrovarsi a combattere contro la natura matrigna e, soprattutto, contro la natura umana.

Roderick McKay dimostra che anche questo sottogenere è tutt’altro che morto, sfoderando un film vivo, vibrante, dove il colore è tangibile, i panorami sconfinati, e le ambizioni illimitate. La scelta di raccontare la storia (vera) dei cammellieri afghani trapiantati a forza in Australian fa sì che il film sia un curioso mix tra un western e Lawrence d’Arabia, richiamato in numerose inquadrature. Guidati dal desiderio di ricchezza e gloria, i protagonisti finiscono per intraprendere un viaggio alla richiesta di se stessi, dei propri valori, delle proprie priorità.

I personaggi sono caratterizzati in modo straordinario, e ognuno di loro è, a suo modo, memorabile, dal protagonista Hanif allo scorbutico Mal, passando per tutti i personaggi solo all’apparenza secondari: in realtà ognuno di loro è un piccolo, fondamentale tassello di un mosaico che è un inno alla diversità e alla complessità storica di una terra variegata che tende però a dimenticare le sue radici. McKay le porta invece alla luce, mettendo al centro della sua storia aborigeni, cammellieri afghani, e asiatici, e rendendo così omaggio alla loro cultura e al loro contributo alla storia del paese. L’odissea di Hanif è l’odissea di un intero popolo che si trovò a dover esplorare un territorio ostile, facendo da apripista per gli insediamenti occidentali.

The Furnace è uno splendido film d’avventura ma anche una preziosa testimonianza di un periodo storico dimenticato, di una realtà in cui culture diversissime si sono trovate per caso a condividere un territorio ostile, e hanno imparato a dialogare, convivere, lottare.