2049. Il pianeta è stato evacuato tre settimane dopo “l’evento”.
Le cose “sono andate storte”.
Augustine (George Clooney), uno scienziato, malato terminale, è rimasto da solo, a presidiare l’osservatorio spaziale situato nel deserto ghiacciato dell’Artico.
A spezzare la fredda e glaciale solitudine di Augustine, compare una bimbetta rimasta sulla Terra, Iris (l’incantevole Caoilinn Springall, qui al suo debutto), che comunica a gesti, sguardi e disegni perché ha deciso di non parlare. Non si è fatta trovare all’imbarco insieme agli altri passeggeri.
Nel frattempo Augustine prova a contattare una nave spaziale in orbita; la missione è impedire ai suoi colleghi astronauti di rientrare sulla Terra “perché (lì) non sono stati bravi a custodire loro la casa mentre erano via”.
Riesce a captare il segnale dell’astronave (che ha la forma del fiore iris*) di ritorno da una missione – dopo due anni – sul pianeta abitabile di K-23 (la luna di Giove).
Tuttavia la ricezione è debole; Augustine e Iris devono attraversare una tempesta di ghiaccio radioattiva fino a una stazione meteorologica con una connessione migliore.
Clooney dirige l’adattamento dell’acclamato romanzo (2016) di Lily Brooks-Dalton su sceneggiatura di Mark L. Smith (The Revenant) e con la – perfetta – colonna sonora di Alexandre Desplat e la fotografia di Martin Ruhe.
Tra tensione e fantascienza, The Midnight Sky mantiene un equilibrio narrativo tra Augustine all’Artico e la missione di ritorno da Giove, con pochi e brevi flashback della giovinezza dello scienziato.
Inevitabili i rimandi ai film di questo genere, di epica fantascienza, degli ultimi anni, Gravity, The Martian, Ad Astra, Interstellar…
The Midnight Sky non cerca di riscrivere un genere. È una storia desolante sulla fine del mondo, causata dagli esseri umani che si sono spinti oltre nella loro “lotta” egoista contro la natura.
Lirico e ambizioso, cupo e inquietante, coinvolgente grazie al cast e al volto greve di Augustine/Clooney, è un film non originale, ma pieno di sentimento; Clooney regista e attore ha speso passione e tenacia nel cercare di rendere al meglio la tragedia, la resistenza e lo sconforto, e i contrasti dell’umanità.
*l’iris trasmette più eloquentemente sentimenti profondi e positivi: l’assoluta fiducia, l’affetto dell’amicizia, il trionfo della verità, ma soprattutto la saggezza e la promessa della speranza, l’ultima a fuoriuscire dal vaso scoperchiato da Pandora, dopo che tutti i mali si riversarono nel mondo, come narra la mitologia greca.