Il racconto del rapporto tra Tolstoj e sua moglie Sof’ja attraverso le lettere di lei: una visione al femminile di un rapporto di coppia tormentato, soprattutto a causa del carattere intrattabile del celebre scrittore.

Dopo anni di splendidi documentari, Frederick Wiseman realizza il suo primo lavoro di finzione: o meglio, così vorrebbero farci credere. Un couple è infatti un’alternanza tra (splendide) immagini della natura e un’attrice che recita le lettere di Sof’ja. L’operazione risulta infatti una versione filmata di quei monologhi teatrali “al femminile” talmente stereotipati e diffusi da essere divenuti oggetto di parodia.

Il lirismo delle piccole cose di Wiseman emerge raramente, soffocato sotto un assordante mare di noia, sotto l’assordante rumore di monologhi infiniti che, oltretutto, finiscono per danneggiare il messaggio del film: impossibile, in questa forma, simpatizzare per Sof’ja, un insopportabile assillo che induce lo spettatore a pensare che, forse, Tolstoj non avesse tutti i torti a maltrattarla. La vittima trasformata quasi in carnefice, dunque: non il massimo per un film che si proponeva di ridare dignità a una figura troppo spesso silenziata, schiacciata dal peso di un marito troppo ingombrante.

Sfugge il senso del film, del messaggio, delle intenzioni. Non sfugge invece il perché dell’inserimento in concorso, un segno di rispetto per un grande Maestro che tanto ha dato al cinema con i suoi documentari: ma se questo film fosse stato girato, identico, da Federico Saggiuomo, sarebbe stato scartato senza tanti complimenti.

Un couple è un film dimenticabile, che si salva dal minimo dei voti solo per tre motivi: la bellezza delle immagini, la brevissima durata (poco più di un’ora), e l’indubbia capacità di curare anche la più testarda forma di insonnia.