Venezia72: “Montanha” di João Salaviza

Non voler crescere

Settimana della Critica 2015
Le aspettative per l’opera prima di João Salaviza, presentato a Venezia nella sezione della Settimana Internazionale della Critica, erano indubbiamente altissime, visto che il regista aveva riscosso molto successo tra la critica grazie alle vittorie a Cannes e a Berlino con i cortometraggi Arena e Rafa.

Portogallo. David, quattordicenne che trascorre le proprie giornate con gli amici senza curarsi della scuola, è costretto a maturare dopo la separazione dei genitori e il ricovero del nonno, la cui morte sembra imminente. David però si rifiuta di andare a trovarlo in ospedale, perché non vuole affrontare la verità.

In questo rifiuto infatti sta la chiave di lettura del film: il ragazzo vuole prolungare il più possibile la sua “età innocente”; la sua è una continua fuga dalla maturità e dall’età adulta, che però non può continuare in eterno. Il film è una sorta di ideale percorso formativo, un coming of age dal ritmo indolente e arrogantemente lento che non ha un vero e proprio svolgimento, ma che ha come fulcro la summa delle esperienze vissute dal protagonista, ma senza che in ciò si espliciti una ricostruzione completa delle emozioni del ragazzo.

Salaviza, sulle orme di un classico come Gioventù bruciata, dà vita alla rappresentazione dello svolgersi di un infelice rito di passaggio, che porta al ricongiungimento madre-figlio, e al superamento di un lutto che era presente già da molto tempo, e che era stato scatenato dalla mancanza di comunicazione tra i vari membri della famiglia. La malattia del nonno è qui solo un corrispettivo tangibile di questa complessa situazione.

Tutto ciò però è reso malamente da una regia squilibrata, che è come se continuasse a osservare anche quando non c’è più nulla da vedere, che prolunga inutilmente i tempi e che non riesce a dosare l’alternarsi di parole e silenzi. Esattamente come non è ben orchestrata la messa in scena, che vede succedersi un rapporto tra lo spazio e il corpo che rimane uguale lungo tutto il film e che, come la pellicola in generale, da interessante all’inizio diventa sempre più ripetitivo e inefficace man mano che si prosegue con la visione. Le immagini sono perennemente ripartite, oscurate, cosa che alla lunga perde di efficacia diventando un mero esercizio di stile. Poteva essere interessante all’inizio notare come solo le comunicazioni tra i membri della famiglia vedessero entrambe le parti sullo schermo, mentre le conversazioni con gli esterni al gruppo familiare e amicale venissero riprese con gli estranei off-screen, ma alla lunga anche questo stanca e perde di pregnanza.

In conclusione, Montanha è un film dalla visione faticosa, in parte perché sembra un mediometraggio allungato, in parte perché il percorso di maturazione non ha una buona gestione delle “tappe”, in parte ancora perché è troppo saccente, sia dal punto di vista registico, sia fotografico (con luci che vanno a formare piccoli quadretti con valore autoreferenziale slegati dal contesto), sia da quello del montaggio, che invano insegue la lirica attraverso la lentezza. Montanha ha qualche guizzo interessante, non lo si può negare, però ogni interesse si spegne tra la metà e i due terzi del film, perché da quel momento in poi Salaviza non ha più nulla da dire.

Titolo originale: Montanha
Nazione: Portogallo, Francia
Anno: 2015
Genere: Drammatico
Durata: 88′
Regia: João Salaviza

Cast: David Mourato, Rodrigo Perdigão, Cheyenne Domingues, Maria João Pinho
Produzione: Filmes do Tejo
Data di uscita: Venezia 2015 – Settimana Internazionale della Critica