«L’Archivio di Elena Povoledo rispecchia i suoi ambiti di studi, spaziando dal Rinascimento italiano, con i tornei e le feste, alla Venezia del Cinque, Sei e Settecento, dalle Compagnie della Calza alle scenografie seicentesche di Jacopo Torelli, dall’architettura teatrale a Ferrara, con la nascita della scena prospettica, alla Commedia dell’Arte, per giungere al Futurismo e all’Espressionismo e al teatro russo del Novecento. Elena Povoledo si è occupata anche degli autori a lei contemporanei, di cui ha seguito le performance alla Biennale di Venezia e nei teatri romani. In ogni caso, la scenografia e la scenotecnica sono stati tra i suoi temi preferiti ed è stata una pioniera nell’ambito degli studi teatrali dedicati alla componente visiva dello spettacolo e anche una anticipatrice del metodo di studio basato sui documenti figurativi. Certo ha scontato, come sempre accade per i precursori, le difficoltà nel reperimento dei materiali e anche la scarsa considerazione che gli studiosi di ambito teatrale hanno avuto per questi aspetti, in un’epoca in cui il teatro è stato studiato soprattutto dal punto di vista letterario e gli studiosi erano ostili all’idea di poter ricostruire il momento esecutivo dell’arte dello spettacolo. Il suo atteggiamento antiaccademico e anticonvenzionale, unito a un carattere schivo e riservato, le hanno pregiudicato una carriera universitaria ai più alti livelli, ma tutti quelli che l’hanno conosciuta e, tra questi, molti professori universitari, l’hanno profondamente stimata come studiosa e come persona».
Con queste parole, che concludono l’introduzione al volume Illusione scenica e pratica teatrale. Atti del convegno Internazionale di studi in onore di Elena Povoledo, la curatrice, Maria Ida Biggi, offre un esauriente ritratto della studiosa (Venezia, 1920 – Roma, 2013), che – dopo essere stata staffetta partigiana – ha ricoperto un ruolo decisivo negli studi dell’arte scenica, in primo luogo partecipando massicciamente a un’opera fondamentale come l’Enciclopedia dello spettacolo, dove si è occupata (dal 1949 al 1962) delle sezioni Scenografia, Scenotecnica e costumi, curando anche l’abbondante apparato iconografico (a eccezione del reparto dedicato al cinema).
Elena Povoledo, come dice proprio la curatrice, è stata pioniera di un approccio ‘teatrale’ al teatro, in un Paese come l’Italia che ha sempre privilegiato l’aspetto drammaturgico, e dunque la letteratura drammatica (non a caso, in Europa siamo gli ultimi ad aver assimilato e riconosciuto la figura del regista come demiurgo e artifex dell’evento spettacolare). Ma Elena Povoledo è stata anche una costola imprescindibile dell’unica Accademia teatrale riconosciuta dallo Stato, che nel tempo prenderà il nome del suo fondatore Silvio d’Amico, dove insegna per molti anni, e molte sono le mostre a soggetto teatrale da lei inventate. Intellettuale curiosa, eclettica e versatile (è protagonista tra l’altro della giunonica impresa dei cinque tomi I teatri del Veneto, Corbo & Fiore) ottiene – grazie al Centro Studi per la Ricerca Documentale sul Teatro e il Melodramma Europeo della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, che, in occasione dell’acquisizione del suo poderoso archivio ha indetto nel novembre 2015 un convegno internazionale a lei dedicato, con annessa esposizione del tantissimo materiale iconografico da lei racccolto – una piena legittimazione accademica, attraverso questo accattivante libro pubblicato da Le Lettere e parte della prestigiosa collana Storia dello spettacolo – Saggi curata da Siro Ferrone. Impossibile, in poco spazio, citare tutti gli interventi raccolti, che vanno dagli studi compiuti sulla scena rinascimentale, barocca e settecentesca al suo impegno come docente (cui Giovanni Greco dedica un saggio). Sul versante della modernità, esemplare è il contributo di Cristina Grazioli, intitolato La via eccentrica: Elena Povoledo e il Novecento, e vale la pena leggere il testo di Mercedes Viale Ferrero, Un felice inizio, un seguito esemplare: Elena per Gioachino, dove si racconta l’attenzione rivolta a Rossini, unica incursione in un Ottocento non particolarmente amato.
Il volume, pur presentandosi nella sua veste scientifica, che comprende ben ventiquattro diversi interventi, vola leggero (prezioso, ad esempio, lo scritto di Gerardo Guccini, 1945, Elena Povoledo: primi sguardi sul metodo, sul teatro). In conclusione, si tratta di un’operazione che restituisce energie allo studio del teatro, come elemento mobile, effimero e vitale.