“we unfold”

A chi andranno i fragorosi applausi?

Uno zigzag visivo nel tentativo di capturing emotions, come detta lo stesso titolo del 7. Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia, in cui è inserito We unfold, spettacolo dell’affermato coreografo Rafael Bonachela per la Sydney Dance Company, una tra le più note compagnie australiane, in programma presso il Teatro Malibran nella serate del 3 e 4 giugno.

I 16 ballerini si alternano sul palco in un flusso continuo, tanto magnetico da rendere quasi inafferrabili i perpetui passaggi da due soli protagonisti in scena, all’intero cast.
A una tale abbondanza coreografica fa da sfondo un enorme schermo sovrastante l’intera parete, sul quale si avvicendano le suggestive immagini ideate da Daniel Askill, accattivanti al punto da imbarazzare l’occhio dello spettatore, costantemente indeciso su dove posare la sua attenzione. Le imponenti dimensioni del video sicuramente non giovano ai danzatori: io stessa, nell’accingermi al mio compito di recensire lo spettacolo, vengo colta da un inatteso impulso di dedicarmi primariamente al lavoro di Askill, anziché ai reali protagonisti.

Decidendo di dar ascolto al mio istinto iniziale, riferisco di come una fitta via lattea, una volta spente le luci di sala, paia travolgere il pubblico in un’avanzata quasi aggettante; poi un’eclissi solare invade lo schermo, sfociando in un’esplosione, quindi la quiete. Bollicine acquee s’innalzano arrecando con sé una gigante figura umana inginocchiata di spalle; l’effervescente ascesa si tramuta in una caduta di pioggia, l’uomo lentissimamente si alza, si volta e resta immobile, dopodiché prende fuoco. Il video, nella sua integrità, seguita in un incessante interscambio direzionale delle immagini, ora verso l’alto, il basso, ora in avanti o verso il fondo; tra reiterate piogge e bollicine, al gigante incendiato subentra un’altrettanto imponente figura femminile, cui succede un acceso sole, quindi un’altra esplosione che conduce al fragoroso finale.
È intuibile la curiosità che simili immagini possano suscitare verso quanto stia per accadere nella sequenza immediatamente successiva: basti pensare all’irresistibile tentazione di controllare se l’uomo apparso immobile, di spalle, prima o poi non attiverà una qualche variazione, nonché al desiderio di contemplare la concretizzazione della propria aspettativa una volta che il gigante effettivamente prende a muoversi.

Questa configurazione dello spettacolo ha il positivo effetto di mantenere costantemente viva la concentrazione del pubblico, sempre intento a seguire i molteplici stimoli lanciati, ma, d’altro canto, rischia di distogliere gli sguardi dai reali protagonisti di questo teatro danza; è probabile che gli spettatori meno ferrati nella pura arte della danza possano apprezzare l’entità di tale intrattenimento d’immagini, ma è certamente un peccato non veder assegnata la giusta importanza alle doti di una compagnia di tanto pregio, meritevole delle più sensibili attenzioni.
Le luci, nel tentativo di perseguire l’obiettivo che ne caratterizza l’esistenza, svolgono acutamente la loro funzione: sotto forma di snelli triangoli, intersecano lo schermo puntando i ballerini, come a ricordare il punto principale su cui devono ricadere gli sguardi. L’illuminazione laterale crea, in particolare, un divertente effetto che può convenzionalmente richiamare una buffa presenza di voyeur, nascosti dietro le tende, intenti a spiare le scene.
I danzatori, nel rivelare (unfold) se stessi, danno vita a una coreografia dai ritmi estremamente sostenuti, in cui senza dubbio raggiungono l’intento di esternare tutte le loro abilità. Essi hanno collaborato con Bonachela all’ideazione dello spettacolo, così da rendere al proposito annunciato dal titolo la più autentica veridicità.

Sincronia, velocità, dinamismo, sono alcuni tra gli aggettivi che maggiormente contraddistinguono il lavoro, dai duetti fino ai momenti estremamente corali in cui, in perfetto accordo con video e parte musicale, una totale esplosione di tutti gli elementi inonda gli animi degli spettatori; gli inevitabili attimi catartici che seguono, vengono assecondati da ritorni a una delicata quiete, in linea con il perfetto equilibrio dei climax di cui si compongono i cinque movimenti della partitura musicale, Symphony N.1 Oceans, scritta per lo spettacolo dal rinomato Ezio Bosso.
We unfold è stato accolto, nella serata del 3 giugno con entusiasti applausi: c’è però da chiedersi, purtroppo, in che percentuale questi vadano distribuiti tra i vari elementi presenti in scena.

We Unfold (2009, 60′) [prima europea]
ideazione e regia Rafael Bonachela – coreografia Rafael Bonachela in collaborazione con i danzatori – musica originale Ezio Bosso, Symphony N. 1 Oceans per violoncello e orchestra – video Daniel Askill – costumi Jordan Askill – luci Hugh Taranto
con Natalie Allen, Emily Amisano, Juliette Barton, Adam Blanch, Richard Cilli, Janessa Dufty, Amy Hollingsworth, Kynan Hughes, Fiona Jopp, Bernard Knauer, Annabel Knight, Chen Wen, Alexander Whitley, Charmene Yap, Paul Zivkovich