Venire sepolti dalla propria casa sotto un colpo di mortaio, ma anche restare senza energia elettrica per due settimane; finire vittima dei cecchini mentre ci si reca al lavoro, ma anche non riuscire a cucinare la cena perché non c’è più nessuno da cui comprare una bombola del gas. Sono questi e altri gli aspetti della vita sotto le bombe della guerra in Siria che la regista franco-siriana Soudade Kaadan vuole raccontare col suo Yom Andaatou Zouli (Il giorno che ho perso la mia ombra). La storia della protagonista, una madre sola che lavora come farmacista, e raccontata a partire da un tempo e un luogo ben preciso: non siamo nella Siria devastata dai combattimenti degli ultimi anni, né nella Aleppo polverizzata che vediamo nei telegiornali, bensì nella Damasco (città raggiunta più tardi dalla guerra) del 2012, a un anno dall’inizio della primavera siriana.

Partendo da un posto e da un momento in cui la distruzione totale non sembra ancora prossima ad arrivare, la Kaadan ci racconta il dramma della vita sotto le bombe dalla prospettiva di chi non si è ancora reso conto di aver abbandonato la quotidianità, di aver lasciato per sempre una vita “normale” anche se non per propria volontà. Ed è quello che succede a Sana, che dopo essere uscita di casa per comprare una nuova bombola del gas si trova costretta a scappare dai cecchini, in compagnia di due fratelli incontrati per caso che assieme a lei realizzeranno in quel momento di aver perduto definitivamente quella normalità in cui ancora credevano di trovarsi, di aver perso la loro ombra, il loro status di persone, per diventare topi che corrono da una trappola all’altra.

Con una sceneggiatura che predilige poche battute che restano in testa allo spettatore, Yom Adaatou Zouli raccpnta tutto questo attraverso alcune scene forti e bellissime, una su tutte quella in cui Sana cerca di portare via il corpo morto del suo compagno di viaggio, nel tentativo di riconsegnarlo alla sua famiglia. E la famiglia è una delle cose che se ne vanno assieme all’ombra del titolo, sia perché è sempre più facile perdere un familiare da un momento all’altro, sia perchè diventa impossibile dedicare a chi ti sta attorno l’affetto e l’attenzione che merita quando la paura e il terrore rubano tutte le tue energie, come il film vuole raccontare attraverso il rapporto tra Sana e il figlio piccolo, che vede una mamma sempre più assente senza capirne il motivo.