1996/97 durante un periodo di tensione crescente tra fazioni religiose e secolari,
il 14enne Ahmet (un eccezionale Doğa Karakaş) viene mandato da suo padre, recentemente convertito, e che vede nel figlio la sua redenzione, in un dormitorio (yurt) islamico, per imparare i valori musulmani.

Ahmet si impegna molto per diventare il figlio perfetto, ma ha difficoltà a integrarsi con i ragazzi turbolenti dello Yurt, e si sente isolato nella scuola laica che frequenta di giorno, tenendo nascosto ai compagni che risiede in questa nuova casa. La sua unica consolazione è il nuovo amico Hakan, un ragazzino smaliziato che sa come muoversi nel sistema dello Yurt.

“In Yurt – racconta il regista-sceneggiatore Nehir Tuna – ho cercato di portare la mia esperienza personale per raccontare una storia che va oltre la lotta politica tra religiosità e secolarismo, trasmettendo l’isolamento e la pressione che Ahmet deve affrontare nel tentativo di soddisfare le aspettative della sua famiglia e il suo bisogno di appartenenza”.

Yurt (Dormitorio) è il turbolento e profondo viaggio emotivo compiuto dal protagonista. Con una fotografia (Florent Herry) in bianco e nero che fiorisce a colori quando Ahmet cambia prospettiva della realtà che vive e prende possesso della sua identità.

È un film formale, accademico, di dettagli e primi piani; ha una freddezza d’impatto che incuriosisce per poi catturare lo spettatore con la lotta di Ahmet in un mondo vorticoso (lo stesso dormitorio è un microcosmo di violenza e nonnismo) pieno di contraddizioni e di scontri ideologici.