“Body” di Paween Purijitpanya

Un corpo fatto a pezzi, un assassino e un gatto che si nutre di carne umana

Il giovane Cholasith ritorna a casa dopo una serata passata a teatro. Da questo momento in poi comincia ad avere delle visioni spaventose e le sue allucinazioni sembrano legate in qualche modo agli omicidi che si stanno susseguendo nella città. Attorno al nome “Dararai”, probabilmente quello di una donna assassinata, si intrecciano ipotesi e indizi che confondono lo spettatore fino al colpo di scena finale.

I mostri di questo film tailandese sono esageratamente brutti: com’è possibile spaventarsi di fronte a qualcosa di inguardabile che si propone davanti agli occhi in continuazione? In fondo ci si può abituare anche agli spettri, se questi sono i primi a essere poco convinti di se stessi. I fantasmi dai lunghi capelli, il micio nero (simbolo del male, abusato dalla letteratura come dalla superstizione più banale) e il feto che striscia sul pavimento dovrebbero, in qualche modo, torturare lo spettatore. Almeno questo è quello che uno si aspetta da un horror. Peccato che l’uso ripetuto della computer graphic trasformi questo horror psicologico in un lavoro di assemblaggio meccanico di disegni animati venuti male e ossessioni mentali, inquietanti certo, ma che si riscattano solo nell’imprevedibile risoluzione finale.

La storia prende spunto da un fatto accaduto veramente: pare che nel 2001 un noto ginecologo abbia fatto a pezzi la moglie e abbia gettato le parti del corpo in diversi bagni di Bangkok. Una vicenda che fa rabbrividire. E da qui parte anche la narrazione di Body: c’è un famoso medico implicato (in che modo si scoprirà solo alla fine) in una catena di omicidi cruenti, tutti legati al nome di “Dararai”, una giovane donna, probabilmente l’amante del protagonista. Dall’altra parte c’è il giovane Cholasith che vive con la sorella in un appartamento freddo e ovattato, dove un vecchio armadio sembra nascondere l’ingresso a una stanza segreta. Le due parti si intrecciano quando il ragazzo comincia a vedere cose che non esistono e a immaginarsi le scene degli assassini.

Il regista si muove bene con i tempi della paura: fantasmi orripilanti che compaiono all’improvviso o musiche di sottofondo, melodie portatrici di morte, fanno saltare sulla sedia. Il problema sta nel secondo successivo, quando, a guardarli bene questi mostri, si scorgono facilmente i segni di una pretenziosità che sfiora il ridicolo (e le risate in sala lo confermano!). E anche se la conclusione di una storia non può certo risollevare tutti gli sbagli fatti in precedenza, si deve ammettere che il ribaltamento finale sorprende davvero e migliora lo stato d’animo, piuttosto deluso e annoiato fino a quel momento, di chi è lì a guardare. Insomma, una gara cominciata male ma che si riprende all’ultimo match. Una chiusa dignitosa che è merito del giovanissimo sceneggiatore Chookiat Sakweerakul, promettente professionista del cinema tailandese. Quindi onore alla scrittura e censura al grande schermo.

Regia: Paween Purijitpanya
Anno: 2007
Durata: 124’
Stato: Thailandia