Torino 28. Concorso
Brooklyn: Brian e Danny sono fratelli. Vengono da una famiglia irlandese, con una padre manesco e bevitore e una madre a un tempo forte e remissiva. Entrambi sognano di andare via. Danny, che è il duro dei due, cerca di farlo partecipando a furti e rapine. Brian, più introverso, evade da quella realtà dipingendo delicati acquarelli nel sottoscala di un ristorante. Sarà proprio la sua abilità nella pittura a fornirgli il passaporto per fuggire via.
White Irish drinkers esplora una pluralità di temi: il legame di fratellanza (che resiste, come in certe canzoni di Springsteen, a scelte di vita opposte), la paura di recidere il cordone ombelicale con la famiglia e la comunità e il desiderio di fuggire, la contrapposizione tra la ricerca di una “sistemazione” (gli amici che vogliono un posto pubblico) e il desiderio di perseguire una personale strada verso la felicità. E lo fa mischiando dramma e commedia, tragedia (la morte di Danny) e romanticismo.
È un film che ha i pregi e i difetti del prodotto industriale. Procede con ritmo sicuro, senza momenti morti, con dialoghi ben strutturati, veloci e brillanti. Ma a volte sembra un po’ troppo “piacione” (penso in particolare alla componente romantica del film: la scena del ritratto disegnato sul vetro, ad esempio). E, del resto, sono anche le ambiguità, il non detto, i vuoti che contribuiscono a rendere interessante, originale un film. E questo è proprio quello che manca in White Irish drinkers. Il film di Gray non lascia niente al non detto, esplicita troppo. I suoi protagonisti sono troppo “consapevoli” di quello che rappresentano narrativamente e tendono troppo spesso a verbalizzare questa consapevolezza.
Faccio un esempio. A un certo punto, Danny si rivolge a Brian e, riferendosi alla sua capacità di dipingere, dice che vorrebbe essere capace come lui di “tirare fuori qualcosa dal niente”. C’era davvero bisogno di una scena così risolutiva ed esplicita? Le differenze tra i due erano già emerse a sufficienza nelle loro azioni (per esempio, quando Danny, seduto al posto di Brian, aveva disegnato solo degli scarabocchi), senza bisogno che Danny le verbalizzasse così didascalicamente (il che appare artificioso).
Può darsi che questi pregi e difetti derivino anche dalla formazione televisiva di Gray (che è, tra l’altro, il creatore della serie Ghost whisperer) e che, per certi versi, White Irish drinkers sia un film rappresentativo di una generazione di registi/sceneggiatori cresciuti con le serie televisive non meno che con il cinema e quindi influenzati dai moduli narrativi delle prime. Per esempio, il modo in cui si alternano (anziché fondersi) i vari ingredienti del film – commedia, dramma, romanticismo – appare debitore dei procedimenti narrativi delle serie (questi vari ingredienti rimangono separati e dosati secondo una formula, piuttosto che essere fusi per cercare di creare una tonalità nuova e unica).
Titolo originale: White Irish drinkers
Nazione: Stati uniti
Anno: 2010
Durata: 109’
Regia: John Gray
Cast: Nick Thurston, Geoff Wigdor, Karen Allen, Stephen Lang, Peter Riegert, Lesile Murphy, Zachary Booth, Robbie Collier Sublett, Michael Drayer, Henry Zebrowski
Produzione: Ovington Avenue Productions
Data di uscita: 28° Torino Film Festival