Virginia Raffaele non ha bisogno di presentazioni. Lo dimostra il tutto esaurito alle recite di Samusà, andato in scena sabato 15 e domenica 16 febbraio al Teatro Toniolo di Mestre, quarta tappa di un tour cominciato l’8 febbraio scorso.
Dopo il successo di Performance, che tra il 2015 e il 2016 l’ha vista impegnata a portare sui palchi di molte sale, tra cui il Toniolo stesso, le sue imitazioni migliori, Virginia Raffaele torna a teatro con uno spettacolo completamente nuovo. Samusà si nutre infatti dei ricordi dell’attrice che ha vissuto buona parte dell’infanzia al LunEur, parco divertimenti fondato a Roma negli anni ’50 dai nonni. Il testo, scritto da lei, Giovanni Todescan, Francesco Freyrie, Daniele Parto e Federico Tiezzi, si sviluppa per quasi due ore ininterrotte in un continuo alternarsi di biografia romanzata e incursioni contemporanee.
«Sono nata e cresciuta dentro un luna park, facevo i compiti sulla nave pirata, cenavo caricando i fucili, il primo bacio l’ho dato dietro il bruco-mela. Poi il parco ha chiuso, le giostre sono scappate e adesso sono ovunque: le attrazioni sono io e siete voi. Tutto quello che siamo diventati stupisce quanto un giro sulle montagne russe e confonde più di una passeggiata tra gli specchi deformanti».
La regia di Federico Tiezzi scandisce con precisione le due anime di Samusà, quella intima e quella più immediata, non legate da un filo conduttore chiaro. Da un lato c’è il luna park, un non-luogo per molti, una casa per pochi, ovvero per i giostrai che lo portano avanti. E’ un pezzo di borgata, descritto con impeccabile ironia in molte sfaccettature, umane e metafisiche. Ci vanno proprio tutti, dal meridionale alle trans, dalla razzista alla zingara…persino il Papa, la cui venuta ha un che di felliniano, a contendersi lo scimmione al tiro a segno, il momento più esilarante della serata. Raffaele non usa per questo tipo di racconto alcuna maschera, ma esclusivamente la voce e la postura, detta tempi comici perfetti e stabilisce un’ottima complicità con gli spettatori.
Dall’altro lato c’è un susseguirsi di divagazioni, le “giostre” stesse come le intende Virginia. Sono tre acrobati-giocolieri a svolgere la funzione di riempitivo durante i cambi costume dell’attrice e a segnare il confine tra i due mondi di Samusà. Si traveste da Patty Pravo, omaggio a una nostra concittadina illustre, in un’esilarante versione da Brucaliffo smemorato sulle note di “Cieli immensi”. Non manca Giorgiamaura, aspirante concorrente di Amici e nota a chi seguì il programma di Maria De Filippi e la serie televisiva Come quando fuori piove, personaggio tra i più tragicomici, in cui l’ironia amara è creata dal paradosso tra la realtà narrata e quella vista dagli occhi della dodicenne calabrese. Veste i panni di una complottista che finisce per cantare “I crauti”, nonsense reso celebre da Monica Vitti a Canzonissima nel 1972. Con la sua romanaccia Donata Stirpe al telefono omaggia Franca Valeri. Infine, riprende il numero dell'”Habanera” proposto al Festival di Sanremo nel 2019, francamente non uno dei suoi sketch migliori.
Giunta la fine, ecco Virginia “costretta” a dialogare con le grandi assenti che si lamentano di non essere state invitate: Ornella, la Fracci, Belén, Bianca Berlinguer e Sabrina Ferilli. Perché si sa che il pubblico si aspetta i suoi cavalli di battaglia. E Virginia, da brava comica, lo accontenta.
Luca Benvenuti