“THE SERVANT” ALLO SFERISTERIO OPERA FESTIVAL DI MACERATA

Debutto in prima mondiale della nuova opera di Marco Tutino

Marco Tutino si prepara al debutto in prima mondiale della sua nuova opera The Servant al Festival di Macerata, il prossimo 27 luglio (replica il 30), complice la regia di Gabriele Lavia che ne curerà anche i costumi e le scene.

Sul podio Guillaume Tourniaire; esegue il Quartetto di Fiesole e i cantanti Alfonso Antoniozzi nella parte di Barret-il Servo (un ruolo inusuale per quello che è stato definito il miglior baritono buffo italiano) , Marlin Miller in quella del Padrone-Tony; Giuseppina Piunti sarà Sally, mentre Ruth Rosique coprirà due ruoli: Vera e Mabel.

L’opera, commissionata al compositore milanese da Pier Luigi Pizzi, direttore artistico del Festival di Macerata, e’ perfettamente in sintonia con questa edizione dal titolo “La Seduzione”: si basa infatti sulla novella di Robin Maugham scritta nel 1948, e resa celebre nel 1963 dal film di Losey, nato dalla prima collaborazione con Harold Pinter, dove Dirk Bogarde interpretava il Servo.
The Servant, che in versione teatrale e’ stato rappresentato fin dal 1966, giunge per la prima volta sulle scene italiane con questa trasposizione operistica. L’autore, secondo visconte di Hartfield e nipote del più celebre zio Somerset, fu scrittore prolifico (una trentina di romanzi e decine di racconti) e popolare fin dagli anni quaranta, ma anche molto “scandaloso” per i temi omosessuali e omoerotici che affrontava senza tabù, destando scalpore in un’epoca e in un’Inghilterra che non aveva ancora rotto con gli schemi della società perbenista post-vittoriana.

Marco Tutino, compositore non estraneo alle sfide, capace di misurarsi con soggetti molto differenti – dalla leggerezza delle fiabe ai drammi esistenziali come Vita, che tratta la sofferenza causata dalla malattia, e Le bel indifférent , dove il rapporto sentimentale si riduce al doloroso monologo della protagonista con se stessa – con The Servant affronta non soltanto l’argomento dell’omosessualità, ma anche della differenza tra classi sociali e generazionali, così sentita da Maugham.

The Servant affronta il tema omosessuale in un’epoca in cui era particolarmente scabroso e allo stesso tempo quello della sottomissione psicologica.
Cio’ che mi ha piu’ colpito nel testo di Robin Maugham e’ il ribaltamento del rapporto di potere padrone-servo, che si compie lentamente per tappe successive come una specie di corda psicologica che egli tende con grandissima raffinatezza lungo tutta la narrazione.

La musica sottolinea o interpreta la storia?
Vera protagonista della storia e’ l’atmosfera, c’è molto di non detto che si presta ad essere interpretato dalla musica. La drammaturgia musicale e’ fondamentale per esprimere il progressivo mutamento del rapporto, così come a costruire il tempo di un preciso colore interiore.

Quindi anche il suo modo di fare musica è influenzato da questa particolare atmosfera psicologica ?
C’è uno stacco dalle mie opere precedenti –come Cirano, Federico II, La Lupa – un teatro da camera basato sull’attorialità; mi pare di proseguire la strada gia’ intrapresa in Le Bel Indifferent (2005), dove il recitativo e i momenti lirici si compenetrano. Quindi la ricerca di un teatro puro, unitario, che non ha debiti con il passato.

La scelta di mantenere la lingua originaria – l’inglese – ha un preciso significato?
Senz’altro. Ogni lingua ha una sua musica interiore, un suo ritmo, un colore sonoro che racchiude molti rimandi storici. Penso alla musica dei Virginalisti, di Purcell, Britten, Haendel che ho amato molto, e seppure in The Servant non compare nessuna influenza diretta di quei linguaggi, è indubbio che la lingua inglese evochi automaticamente il suo grande passato musicale. Inoltre, non mi sembrava corretto tradurre una vicenda così tipica di una cultura e di un momento storico, in una lingua italiana che ne avrebbe violentato la natura e le sue ragioni emotive.
Anche la scelta di un organico ristretto a sette strumenti – quintetto d’archi, marimba e pianoforte – e’ congeniale alla composizione musicale , che riduce all’indispensabile il materiale armonico, e costringe il tutto a ua dimensione intima. La musica diventa via via piu’ dura e ossessiva, con meno concessioni all’orecchio e agli atteggiamenti compositivi di “maniera”.

The Servant sarà rappresentato in un luogo non convenzionale come l’ Auditorium San Paolo, chiesa sconsacrata, ex complesso dei barnabiti. L’idea è stata del vulcanico Pier Luigi Pizzi. “Affidando a Gabriele Lavia l’opera di Marco Tutino in questa prima esecuzione mondiale – dichiara il Maestro – intendevo dare a un artista, che stimo e amo, la più grande libertà creativa, senza costringerlo allo spazio condizionato di un teatro tradizionale per quanto nobile come il Lauro Rossi, ma piuttosto proporgli un luogo aperto dove la sua immaginazione potesse scatenarsi… e conoscendolo, posso intuire che la sua ben nota fantasia si sia già messa in moto per creare stupore e meraviglia”.
E infatti Lavia sta lavorando per portare in scena “il paradigma della fine di un’epoca, rappresentato dalla apparentemente elementare favola del servo che si trasforma in padrone. Una parabola che racchiude un significato molto piu’ complesso sui valori della società occidentale”.

Auditorium San Paolo, piazza della Libertà
Prezzi: 50 euro primo settore, e 20 il secondo
Biglietteria T (+39) 0733 230735
Mail: boxoffice@sferisterio.it
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