“Jiao qu de niao (Suburban Birds)” di Qiu Sheng

Le crepe del tempo

suburban birds

Unico rappresentante dell’Asia all’interno della sezione Cineasti del Presente, in Jiao qu de niao Qiu Sheng elegge a palcoscenico una realtà prossima al collasso, delegando alla memoria il compito di riedificarla ma senza curarsi di ricostruire pure il pilastro della propria riflessione.

In un quartiere di periferia si è verificato un cedimento del piano stradale. Il team di ingegneri incaricato della stima dei danni esegue le misurazioni senza farsi troppe domande, ma uno di loro, HaoLee Mason –, vuole capire a fondo la natura del fenomeno. Alla ricerca di indizi, questi si imbatterà in un vecchio diario, contenente ricordi d’infanzia a loro modo profetici.

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Sin dal principio, Qiu non fa che mettere in dubbio il modus operandi dei tecnici. L’occhio attraverso cui esperiamo la prima sequenza non è quello della cinepresa, ma di uno strumento per la misurazione del livello del terreno. Il ricorso a supporti che modificano la visione – cannocchiali, binocoli – non è occasionale, a significare una verità ai limiti del visibile, celata sotto la superficie e che i personaggi pretendono di carpire restando al di sopra. Ma con il ritrovamento del diario, Hao riesce a stabilire un nesso tra le crepe nello spazio e quelle nel tempo.

Inizia così un racconto nel racconto, con a fianco del piano principale l’avventura di alcuni studenti delle elementari, dai primi amori e giochi fino alla misteriosa scomparsa del cicciottello del gruppo. È questa la prima crepa, apertasi in un passato contraddistinto dalla vitalità della giovinezza speculare al presente di Hao e colleghi. Tra una parte e l’altra dell’asse temporale – che a più riprese si intersecheranno – c’è però un trait d’union: tutti sono alla ricerca di qualcosa. C’è chi cerca il cane scappato durante le scosse di assestamento, chi qualcuno da abbracciare prima di addormentarsi, chi le perdite idriche che potrebbero aver causato i cedimenti, ma ciononostante nessuno si arrischia a mettersi materialmente sulle tracce di questo qualcosa.

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Anche le figure istituzionali – che potrebbero risvegliare gli individui dal loro torpore – sembrano essersi volatilizzate, si tratti delle famiglie dei bambini o dell’autorità comunale responsabile per le opere pubbliche. Con un’interessante variazione sul tema ai limiti della fantascienza, Qiu lascia passare così un’immagine inedita del proprio Paese: invece della nazione che sa solo schiacciare per mezzo della burocrazia o crollare sotto il suo stesso peso – una definizione cui ci hanno abituato diversi film della RPC degli ultimi anni –, la Cina di Jiao qu de niao vive sospesa in un limbo dove l’infrastruttura continua a funzionare senza la struttura.

Arrivati a questo punto, il regista non compie però quel passo in più necessario a uscire dall’impasse del simbolismo puro. Nascondendosi dietro espedienti tecnici – parliamo per esempio dell’insistente zoom a stringere, una soluzione tanto entusiasticamente adottata quanto presto abbandonata – atti a esorcizzare lo spettro della scarsa autorialità, Qiu non si disturba a richiudere le crepe del suo film, delegando tale compito allo spettatore. Un’operazione interessante, non fosse che la sproporzionata sezione dell’idillio fanciullesco finisce per rubare la scena al resto, riducendo l’insieme a una banale comparazione ex post. Un’istantanea della Cina contemporanea quasi psicologica, ma che non manda a segno un vero affondo.