“Vite private” di Coward al Teatro Manzoni di Milano

Frivolezze English

Corrado Tedeschi torna a riproporre Noël Coward. Lo avevamo visto nelle scorse stagioni in Spirito allegro (regia di Patrick Rossi Gastaldi). Ritorna ora con Vite private (regia di Giovanni De Feudis), nei panni di Elyot, il quale, cinque anni dopo aver divorziato da Amanda (Benedicta Boccoli), si trova in Costa Azzurra, in luna di miele con Sibilla (Elisabetta Mandalari). Quello che non può immaginare è che nella camera a fianco ci sia proprio Amanda, anche lei in viaggio di nozze col neomarito Victor (Andrea Garinei). Dopo la sorpresa, e il fugace riapparire di vecchi rancori, è inevitabile che l’amore sbocci nuovamente: i due progettano di lasciare i rispettivi consorti e fuggire nel pied-à-terre di Amanda a Parigi. Il secondo atto si svolge dunque a Parigi, dove i due protagonisti hanno ripreso il vecchio ménage, litigi compresi, e dove Sibilla e Victor li cercano disperatamente.

Cosa significa adattare oggi una pièce di Coward? Può significare cercare delle soluzioni ingegnose alla distanza che ci separa da questi testi. Mi riferisco, in primo luogo, al carattere “quintessentially English” di questo autore: come lo si può trasformare per proporlo in Italia senza perderne le caratteristiche fondamentali? In secondo luogo, mi riferisco al fatto che il significato, il valore e il potere normativo delle istituzioni (il matrimonio borghese, la morale sessuale) intorno a cui ruotano le ironie di Coward – frivole e superficiali, ma anche irrispettose e spregiudicate – sono radicalmente mutati rispetto a quei tempi (la pièce è del ’30): come cambia, al cambiare del contesto, il senso di quell’umorismo? Oppure l’adattamento può consistere, sostanzialmente, nel ridurre il testo di Coward a un canovaccio, intorno al quale lasciare agli interpreti una notevole libertà di inserire un repertorio consolidato e multiuso di frizzi e lazzi (quante volte nella sua carriera Corrado Tedeschi avrà usato la storpiatura del francese con cui intrattiene a lungo il pubblico nel secondo atto?). Giovanni De Feudis segue questa seconda via, connotando l’ambientazione in modo abbastanza vago (la musica suggerisce prevalentemente gli anni ’50, le decorazioni dell’appartamento parigino più gli anni ’30) e interpolando il testo con elementi spuri (perché, nel finale, la poesia Questo amore di Prévert?).

In tal modo ne ricava uno spettacolo che è stato molto ben accolto dal pubblico della prima al Manzoni – un pubblico a cui piace riconoscersi nei litigi della coppia, nei quali vede una rappresentazione in fondo consolatoria delle gioie e delle pene del matrimonio (l’amore non è bello, se non è litigarello…: le parole di Prévert mi pare siano usate per suggellare, poeticamente, una “morale” di questo genere) – e che, nell’ambito di un teatro facile e leggero, ha indubbi elementi di gradevolezza. Il primo atto, in cui vengono introdotte, con un certo brio, le due coppie, mi pare peraltro che funzioni meglio del secondo, dove emerge qualche lungaggine e anche (ma questa è un’opinione strettamente personale, che non mi pare condivisa dal resto della sala, che ride molto) qualche eccesso di piacioneria.

“Vite private” di Noël Coward
Adattamento e regia di Giovanni De Feudis
Con Corrado Tedeschi, Benedicta Boccoli, Elisabetta Mandalari, Andrea Garinei.
Dal 2 al 22 maggio 2013 al Teatro Manzoni di Milano