Caucasian Chamber Orchestra

Orchestra della pace, per la pace

Più volte siamo rimasti affascinati dal connubio magico tra musica e cinema ma questa volta si è andati ben oltre l’arte.
A precedere l’ inaugurazione della quattordicesima edizione del Lessinia film festival questa sera c’è stato un omaggio straordinario: il concerto della Caucasian Chamber Orchestra diretta dal tenace Uwe Berkemer.

Nel 2005 dopo una selezione, il direttore di origine tedesco (anche componitore, pianista e cantante) ha portato a Tbilisi una ventina di musicisti professionisti provenienti da tutte le zone del Caucaso con l’intento di creare un gruppo col quale realizzare una tounée in quella loro regione montagnosa, così martoriata da perenni conflitti dopo lo scioglimento dell’Unione sovietica e trasmettere, attraverso la cultura, un importante messaggio di pace.
Da qualche giorno in tredici, in prevalenza georgiani, armeni, russi e il più giovane della compagnia, proveniente dal Daghestan, sono in Italia: “Speriamo di portare un’immagine diversa in Europa. Non più guerra, paura e distruzione a raccontare la nostra terra, la terra che mi ha adottato. Noi vorremmo trasmettere un messaggio di armonia e di pace” afferma il direttore che abbiamo potuto intervistare prima del concerto. (Il quattordicesimo del gruppo all’ultimo momento ha scelto di non partire perché la moglie, al nono mese di gravidanza ha rischiato di morire a causa del bombardamento della casa vicina alla loro).

Nella difficile impresa di portarli in Europa per suonare è riuscita la Fondazione Monte Verità con il patrocinio dell’UNESCO, del Canton Ticino e del Comune di Venezia. Claudio Rossetti, della fondazione, li ha accompagnati anche in quest’ultima tappa e ci ha raccontato del rischioso viaggio che questi musicisti hanno dovuto affrontare visto che l’aeroporto di Tiblisi, a causa dei bombardamenti, era impraticabile. Così con tutte le loro viole, violini, violoncelli e contrabbasso si sono messi in viaggio in auto e hanno in 10 ore raggiunto l’Armenia, fermati e sottoposti a controlli in tutti i posti di frontiera attraversati. Da lì in aereo hanno raggiunto Monaco e poi la Svizzera per la loro prima data europea, ad Ascona, alla quale sono seguite le tappe di San Bernardino, Lucerna, Venezia fino ad arrivare questa sera nel nuovo teatro Vittoria di Bosco Chiesanuova dove con i loro strumenti ci hanno divertito e commosso.

Le loro note ci hanno raccontato di quella terra dove georgiani, armeni, azeri, abkhari, osseti, circassi, ingusci, ceceni, russi e altre decine di popoli da lunghi anni si fanno la guerra uccidendosi, deturpano il territorio e creando nuove frontiere che di fatto negano un futuro alla regione, solo perché ai politici interessano il petrolio e gli oleodotti.
Ube Berkemer ha unito musicisti di diverse etnie che la guerra vuole nemici perché rappresentino la volontà e la fattibilità di un dialogo. Nelle loro note c’è il terrore della guerra ma anche la gioia della loro gente che vorrebbe vivere in pace. “La musica classica del Caucaso trasmette anche tanta pace e serenità smarrite dagli abitanti” ci dichiara il direttore.

A noi hanno dato tanto non solo le note ma anche i loro volti che, per tutto il tempo dell’esibizione erano radiosi, trasmettevano la gioia provata a suonare insieme e a comunicare così tanto al gruppo e a tutto il pubblico che li ascoltava. C’è stato il gioco dell’improvvisazione quando la corda del secondo violino si è spezzata e c’è stata l’intensità data dell’unisono delle loro ‘voci’. Si sono alternate antiche danze ed arie a brani della varie tradizioni popolari dell’Armenia, dell’Azerbaijan, della Georgia.
Per il suo commiato il giovane musicista del Daghestan posa il violino e con un piccolo tamburo, seguito dai suoi compagni che fanno suonare tutte le parti dei loro strumenti come è difficile accada nei rigorosi concerti accademici, ci regala un’altra ballata. Poi il poliedrico direttore, per l’ultimo brano dopo il calorosissimo applauso del gremito pubblico che affolla il teatro Vittoria, aggiunge la sua voce per intonare un canto popolare.
Emozionante, puro e vero.

Il forte manifesto politico di questo gruppo di coraggiosi musicisti è pace. Pace nella loro terra.
“La situazione è difficile – ci racconta Uwe – i carriarmati attraversano il nostro paesaggio e per molti mesi del 2007 noi siamo riusciti ad arrivare in zone dove non avevano mai sentito suonare un’orchestra di musica classica. Abbiamo sentito che avevano bisogno della pace che trasmette questa musica perché da troppo tempo le loro vite sono sconvolte dal suono delle bombe e dei fucili”.

L’orchestra è stata seguita, durante il tour in Caucaso da Fulvio Mariani e Mario Casella che hanno realizzato un documentario, coprodotto dalla televisione svizzera, per raccontare le peripezie e la poesia portata da questi musicisti. Il lungometraggio sarà l’evento di apertura ufficiale del festival domani sera.
Il film ha un titolo particolare: Grozny dreaming – Sognando Grozny e interrogando il direttore dell’orchestra scopriamo che la città cecena è la tappa non raggiunta: “Il luogo simbolo del conflitto russo-ceceno dove non abbiamo potuto portare il nostro messaggio. – E poi precisa – in alcuni posti abbiamo scoperto che un no detto oggi, non era più tale il giorno dopo ma per la capitale cecena le cose sono andate diversamente. Grozny è l’utopia”.

A turbarci alla fine dell’intervista è sentire dalla voce del direttore che quella del festival della Lessinia rischia di essere l’ultima esibizione perché l’orchestra per due anni era riuscita a mantenersi grazie a finanziamenti tedeschi e in parte caucasici derivanti dall’apprezzamento dimostrato dalla first lady georgiana: “ma dall’inizio del 2008 non ci è stato più erogato nessun aiuto e non abbiamo potuto più ritrovarci per fare le prove e suonare insieme perché tutti i musicisti sono costretti a lavori di fortuna, che nulla hanno a che fare con la musica, per mantenere le loro famiglie”.

Alessandro Anderloni, direttore artistico del film festival ha lanciato un appello per aiutare quest’orchestra “che per professionalità farebbe impallidire molte formazioni europee – afferma con decisione -a portare ancora il loro manifesto di pace in quella terra di conflitti”. Il festival si impegnerà ad organizzare una nuova serie di date per l’estate prossima ma questa formazione ha bisogno di non perdersi nel frattempo, di continuare a lavorare insieme e di suonare in quella terra perché il loro messaggio non rischi di essere cancellato dalla prepotenza e dalla morte portate dalle armi.
Una bambina ha realizzato un disegno dopo aver ascoltato il concerto e lo ha regalato al primo violino dell’orchestra. Gli occhi di questa bellissima donna si sono riempiti di lacrime nel vedere il grande sole e il mare di quella piccola opera perché forse non immaginava che le loro note potessero trasmettere tanta gioia e luce.

Foto a cura di Massimo Pedrazzini – http://www.fotopedrazzini.ch/