Mario Schifano 1934-1998

"Un gatto che precipita dall'alto di un settimo piano ma cade sempre su quattro zampe" (A.Moravia)

Anche Milano si unisce al ricordo di Mario Schifano, artista-icona tra i più significativi nell’Italia degli ultimi decenni. Numerosi i dipinti, i disegni e le fotografie selezionati per la mostra. Che ancora una volta fanno risplendere agli occhi del grande pubblico la sua vicenda artistica.

Da poco conclusasi a Roma, la grande retrospettiva dedicata a Mario Schifano (Homs, 1934 – Roma, 1998), si sposta nella città meneghina. Le opere proposte ripercorrono, a dieci anni dalla scomparsa, le tappe fondamentali della sua lunga carriera. In tre sedi diverse, quali la Fondazione Stelline, la Galleria Gruppo Credito Valtellinese e l’Accademia di Brera, sono allestiti i dipinti (con in più un video), un’opera di grande formato e i disegni, tra i quali vi è la cartella grafica frutto di una collaborazione con il poeta statunitense Frank O’Hara.

Si potrebbe cominciare proprio da qui, dal primo soggiorno a New York nel 1962. Per la storia dell’arte si tratta di un anno chiave, in una città che era ormai diventata ciò che Parigi rappresentava nella prima metà del secolo: l’epicentro dell’arte, dove le nuove tendenze nascono e si propagano. È qui che Schifano entra in contatto con i grandi nomi che ora compaiono d’obbligo sui manuali d’arte: Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Andy Warhol, Franz Kline, solo per citarne alcuni. Inevitabile quindi l’impatto di quel microcosmo sull’artista italiano. I monocromi che aprono la mostra testimoniano la fase d’uscita, alla fine degli anni ’50, nei confronti dell’Informale. Laddove le “paste alte” e i cromatismi accesi rappresentavano un ritorno ad una sensualità primaria, fortemente materica, il grado zero della soluzione monocroma – scontato a tal proposito citare l’esempio francese di Yves Klein – puntava invece ad un superamento di tale poetica, nella direzione di un impalpabile raffreddamento intellettuale. Nel caso di Schifano, però, sulle tele compaiono presto i segni che dichiarano l’avvicinamento al neodadaismo e alla Pop-Art, movimenti da cui tra l’altro si è sempre ritenuto estraneo: le lettere e le scritte a caratteri tipografici, preludi ai loghi delle pubblicità, presentano colature e recano le imperfezioni espressive delle pennellate (come nell’opera No, del 1960). “Tutto, nel mio lavoro, è approssimativo”, soleva dire Schifano, inscenando una dialettica pittorica, che riporta ai lavori con i numeri che Jasper Johns creava al di là dell’Atlantico. La tecnologia, negli anni Sessanta, è sempre più presente e invadente, avvalendosi dei mezzi di comunicazione di massa per sviluppare una società consumista. E la realtà, di conseguenza, appare sempre più filtrata. Lavori come Io sono infantile e Futurismo rivisitato a colori, ambedue del 1965, ben rappresentano questo aspetto: sono dipinti a smalto e spray su tela, ma, a rendere ancora più distante, indiretto, il rapporto tra spettatore e immagine, sono rivestiti da un materiale tecnologico come il perspex.

Aprendo un nuovo capitolo prendiamo a simbolo la data del 1968, anno della contestazione ma anche della “morte dell’arte”, intesa come morte della pittura e delle tecniche tradizionali. La crisi sfocia nella serie di opere degli anni ’70, definite “Paesaggi TV”. Si tratta di lavori su tela emulsionata che riproducono fotografie di immagini televisive, colorate alle aniline e agli smalti. Qui l’intervento manuale è ridotto ai minimi termini e risulta straniante, con i colori acidi che sembrano corrodere le immagini.

Il grande riflusso degli anni Ottanta coinvolge anche Schifano, che non solo ritorna alla pittura, ma la rende fortemente carica di espressività, tanto che la critica non ha esitato ad accostarla al coevo movimento neospressionista tedesco. Inoltre, come suggerisce Arturo Carlo Quintavalle nel suo testo in catalogo, Schifano non è indifferente alla Transavanguardia e alla poetica apparentemente infantile di Jean-Michel Basquiat. Sono numerose le grandi tele di questo periodo esposte in mostra, tra cui La Chimera (1985), gigantesca opera (4×10 metri) allestita in solitudine nella Sala Napoleonica dell’Accademia di Brera.

A chiudere il percorso e rappresentare l‘attività di Schifano negli anni Novanta (quando la sua arte si concentra maggiormente sul video), è il montaggio antologico dei suoi film, curato da Luca Ronchi.

Mario Schifano 1934-1998
FONDAZIONE STELLINE – PALAZZO DELLE STELLINE
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[fondazione@stelline.it->fondazione@stelline.it];
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A cura di: Achille Bonito Oliva e Marco Meneguzzo
Orario: martedì – domenica 10/19, Chiusura il lunedì
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6, scuole € 3
Catalogo: ELECTA
Ufficio stampa: CLP, STUDIO ESSECI, ELECTA, CIVITA