“SHADOWBOXER” DI LEE DANIELS

L’insostenibile leggerezza della morte

Due killer spietati, due romantici amanti, due vite spezzate dall’ordine di uccidere una donna incinta. Il regista esordiente Lee Daniels si cimenta con una storia estrema di amor fou e violenza, alternando vari stili di regia e di racconto dell’intreccio. Ne risulta un film spesso confuso, ma caratterizzato da una vivacità e un senso della narrazione originale e avvolgente. L’uscita-killer estiva non aiuterà, ma il passaparola è arma da usare per apprezzare un film indipendente come “Shadowboxer”.

La vita crepuscolare di una coppia di assassini al tramonto, due esseri umani al culmine delle loro esperienze. La coppia di killer a pagamento Mikey e Rose (Cuba Gooding jr e Hellen Mirren) vive una vita irreprensibile, al di là di ogni sospetto, lei bianca ultracinquantenne minata da un cancro maligno, lui giovane nero spaesato e vittima di un passato di atroci violenze famigliari. I destini di una delle coppie più originali viste sullo schermo da lungo tempo subirà un forte tracollo dal momento in cui un giovane e spietato boss della droga ordinerà l’uccisione della moglie per una sospetta relazione extraconiugale. Rose, scoperta la gravidanza della donna, deciderà di nasconderla e dopo aver assistito al parto, riverserà sul neonato il proprio affetto angoscioso per una maternità ormai impossibile a causa della malattia che la sta rodendo. Sarà Mikey a dover fare negli anni da padre al bambino, vedendolo crescere e proteggendolo dal boss in perenne ricerca della moglie scomparsa.

Il debutto alla regia del regista afroamericano Lee Daniels, in passato impegnato sul versante politico e produttore dell’apprezzato Monster’s ball, è all’insegna del dramma dalle atmosfere cupe, stagnanti, malsane. Il film trova numerosi punti di forza a partire dall’ambientazione, una livida Filadelfia catturata nella stagione fredda primaverile, personaggio-testimone delle marce azioni della coppia e profondo contraltare alle scene “bucoliche” nei boschi e nelle campagne, girate con effetto flou e caratterizzate da un profondo senso onirico. Qui si dipanano i destini privati di Mikey e Rose, legati da un amore schietto e vitale e che si trasmuta anche sul “lavoro”. Supportato da una fotografia avvolgente e una presenza discreta della macchina da presa, Shadowboxer coinvolge e avvolge. Risultano davvero notevoli le scene “private” dei due, costellate da una carnalità e un senso dell’intimità molto fresco e mai banale. Notevole la regia nel costellare il film di numerose scene riguardanti gli assassinii della coppia di killer e le modalità con cui vengono a conoscenza del prossimo obiettivo. Scene che non si legano uniformemente al resto del film, in particolare alle scene violente dove lo psicopatico boss viene interpretato da un mefistofelico Stephen Dorff con esagerato mimetismo, tanto da gigioneggiare in alcuni punti in maniera fastidiosa.

L’anima noir e tumultuosa di Shadowboxer si regge sull’interpretazione calibrata e mai sopra le righe di un ispirato Cuba Gooding jr., che disegna un personaggio sconfitto mai in cerca di redenzione, che si allena alla boxe nell’umidità della cantina di casa, un uomo silenzioso e naif.
Peccato dover immaginare un’uscita estiva che non dona giustizia a un film originale e affascinante, forse rovinato da un finale aperto caratterizzato da una violenza poco funzionale.

Titolo originale: Shadowboxer
Regia: Lee Daniels
Sceneggiatura: William Lipz
Fotografia: M. David Mullen
Cast: Cuba Gooding jr., Helen Mirren, Vanessa Ferlito, Stephen Dorff, Joseph Gordon-Levitt, Macy Gray, Mo’Nique
Produttori: Lee Daniels, Lisa Cortés, David Robinson
Distribuzione: Warner Bros.Italia
Nazione: Usa
Anno: 2005
Durata: 93 min.
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