Torino 30. Concorso
Svezia, anni Settanta. La quattordicenne Iris viene reclutata in un giro di prostitute d’alto bordo, i suoi clienti sono uomini potenti, politici, ministri. Il momento è delicato: dopo anni di governo i socialdemocratici rischiano di perdere le elezioni, i costumi cambiano, c’è una crisi economica. Ispirato alla vera storia di uno scandalo che sconvolse la Svezia, un solido thriller dai molti risvolti.
Da una parte ci sono i soldi e soprattutto il potere. Dall’altra ci sono giovani e attraenti ragazze, alcune minorenni. In mezzo c’è lei, Dagmar Glans – Pernilla August – che sulla pelle delle ragazze e sugli appetiti sessuali di maschi di mezza età ha costruito un potente impero del sesso a pagamento.
Non bisogna spaventarsi dei 140 minuti di Call Girl, esordio al lungometraggio per il quarantenne svedese Mikael Marcimain che si è fatto le ossa come assistente alla regia per poi dirigere serie televisive tra cui alcuni episodi di Wallander: in una completa immersione negli anni Settanta, ricostruiti non solo negli aspetti formali, ma, soprattutto, nelle atmosfere di cambiamento sociale della Svezia di quel decennio, il film intreccia tre storie – le ragazze, i corridoi della politica, l’indagine della polizia – che compongono un desolante mosaico di connivenze e corruzione.
Iris e Sonia (Sofia Karemyr e Josefin Asplund) sono adolescenti problematiche, ospitate in un istituto in cui godono di molta libertà. Così tanta da poter uscire di notte e venire circuite e reclutate, complici fiumi di alcol e qualche striscia di cocaina, in un giro di prostitute di lusso. Le fila e l’organizzazione di incontri e festicciole in costumi luccicanti sono in mano a una donna capace e abile, che ha costruito una macchina da soldi perfettamente oliata in cui tutti e a tutti i livelli – tassisti, portieri, barman, portaborse – guadagnano qualcosa.
I candidati alle elezioni nei loro eleganti completi parlano di emancipazione femminile e di famiglia in talk show e comizi, per poi rilassarsi tra le braccia di una delle ragazze procurate dalla “mamma”, il soprannome con cui amorevolmente si fa chiamare la maitresse.
Parallelamente scorre una indagine avviata dalla polizia sul giro di prostituzione e affidata al silenzioso John Sandberg, che scopre, dopo mesi di intercettazioni e pedinamenti, quali personaggi e di quale portata siano coinvolti. Nei corridoi della politica iniziano le manovre di insabbiamento, ma lo scandalo emerge anche se, alla fine, sarà il potere ad avere la meglio.
Definire semplicemente thriller il film in concorso al 30 Torino Film Festival sarebbe riduttivo. Ispirato allo scandalo che scosse la Svezia nel 1976, poche settimane prima delle elezioni perse dall’allora premier socialdemocratico Olof Palme, Call Girl condanna il potere e il suo esercizio in tutti i suoi aspetti piu’ torbidi. Lo fa senza indulgere in facili stereotipi – nemmeno le ragazze coinvolte sono innocenti fino in fondo – e ponendo l’accento sulla contraddizione di una libertà di pensiero e di costumi che pare essere piu’ di facciata che di sostanza.
CALL GIRL
Regia: Mikael Marcimain
Interpreti: Pernilla August, Simon J Berger, David Dencik, Sven Nordin, Kristoffer Joner
Nazione: Svezia, Finlandia, Norvegia, Irlanda
Durata: 140′
Uscita: Torino Film Festival (in concorso)