“Un autre monde” di Stéphane Brizé

L'etica del manager

Il manager di uno stabilimento si trova a dover gestire le richieste del quartier generale di licenziare il 10% dei suoi lavoratori. In precario equilibrio a causa di tensioni lavorative e familiari, cerca di trovare un punto di equilibrio per salvare i suoi impiegati, ma trova di fronte a sé un muro nei suoi superiori.

Stéphane Brizé realizza il terzo film della sua trilogia di critica alla disumanità del sistema capitalista: dopo La legge del mercato e In guerra, questa volta cambia angolazione e decide di vivisezionare una crisi aziendale dagli occhi di un manager locale, intrappolato tra le richieste dei suoi superiori e il suo rapporto umano e personale con i suoi impiegati.

Il taglio è quello “alla Ken Loach”, tra storia personale è denuncia sociale, ma la prospettiva è originale: il manager solitamente è il nemico, qui diventa una creatura “altra”, né carne né pesce, che deve bilanciare interessi apparentemente inconciliabili finendo per scontentare tutti e per rovinare la propria vita personale.

La regia è semplice, senza fronzoli, e si concentra sui personaggi e sugli attori, venendo ripagata da un’ottima prova del cast. Spicca, in particolare, la prestazione di Vincent Lindon, un volto perfetto per incarnare i rovelli interiori del protagonista. È lui l’anima del film, il suo cuore pulsante, con i suoi silenzi che dicono più di mille parole, le sue esitazioni, le sue incertezze, i suoi tentativi quasi donchisciotteschi di mantenere un minimo di umanità in un mondo che l’ha persa da tempo.

Il suo personaggio sembra fuori tempo: il mondo è andato avanti e lui si è fatto trascinare, diventando qualcuno – qualcosa – che lui stesso fatica a riconoscere. Nemmeno il divorzio è bastato come campanello di allarme, ma le due nuovi crisi – personale e professionale – lo costringono a fare i conti con se stesso, a guardarsi finalmente allo specchio dopo tanto tempo.

Un autre monde è un film classico ma al tempo stesso originale, che riesce a trovare un angolo nuovo e interessante per fare una critica sociale antica ma, purtroppo, sempre attuale.