“TOTÒ” DI PETER SCHREINER

Totò l'emigrante

Orizzonti
Da lungo tempo Totò Cotroneo ha lasciato la Calabria per Vienna, dove ha sposato un’austriaca e trovato un umile lavoro presso la Konzerthaus. Al compimento del cinquantesimo anno di età riaffiora in lui il bisogno di tornare alla natìa Tropea, ma il desiderio di riannodare un legame ormai reciso lascia ben presto il posto all’angosciosa consapevolezza del proprio limbo esistenziale e all’amara riflessione sulla perdita di sé e delle origini connessa allo status di migrante.

Autentica sorpresa della sezione “Orizzonti”, il documentario del 52enne regista austriaco Peter Schreiner è sorretto da un’idea stilistica molto forte quale l’uso insistito del fuoricampo totale o parziale: quasi sempre, infatti, il protagonista rimane all’esterno o ai margini dell’inquadratura, rinnovando nello spazio filmico la medesima difficoltà di collocazione che lo attanaglia nella vita reale, nella quale egli cerca il proprio “posto nel mondo” attraverso un frustrante movimento pendolare tra Vienna e Tropea; anche in occasione dei numerosi primissimi piani, c’è sempre una parte del volto di Totò non catturata dalla mdp, che restituisce così allo spettatore un’immagine frammentaria senz’altro congrua alla labile identità del personaggio. Soltanto gli occhi non sfuggono pressoché mai alla ripresa, quasi a ricordare che il film, pur attingendo inevitabilmente un’esemplarità sociologica, è in prima istanza un ritratto psicologico, lo studio di un dissidio interiore forse insolubile.

Il filtro della soggettività del protagonista viene esaltato dalle scelte formali dell’ottimo Schreiner e, in particolare, dal ricorso ad un’efficace fotografia in bianco e nero, che appiattisce l’atmosfera mitteleuropea di Vienna e il sole della Calabria sulle stesse tonalità spente ed appannate e, nel caso specifico delle sequenze girate a Tropea, apporta un surplus di nostalgia e sconforto, come se il paesino non potesse essere immortalato diversamente perché agli occhi di Totò laggiù, nel bene e nel male, il tempo sembra essersi fermato. Assai curato è anche il sonoro, che cattura ed amplifica il rumore del mare (un richiamo ancestrale che all’improvviso si carica di sfumature inquietanti), la nota affannosa del respiro di Totò e lo sferragliare del treno che a tratti sembra la vera casa del protagonista.

Il continuo oscillare tra il tedesco, l’italiano e il dialetto calabrese nonché la crescente desultorietà dei dialoghi e dei monologhi in cui è impegnato Totò sono il tocco finale di una messa in scena esasperatamente destrutturata e dilatata, che intende comunicare allo spettatore tutta l’estenuazione dello sradicamento del protagonista e che, se si ha pazienza, regala un notevole appagamento estetico. Purtroppo l’eventualità di una distribuzione in sala risulta piuttosto remota e quindi Totò è probabilmente soltanto una delle luminose quante inattese apparizioni veneziane destinate a lasciare dietro di sé una fugace scia di bel cinema prima di dissolversi nel nulla.

Titolo originale: Totò
Nazione: Austria
Anno: 2009
Genere: documentario
Durata: 128’
Regia: Peter Schreiner
Cast: Antonio Cotroneo, Melo De Benedetto, Gaetano Dimarzo, Angela Simonelli